Il Rapporto. Garanzia Giovani ha preso in carico oltre un milione di persone.


Maurizio Carucci sabato 23 aprile 2022
Si tratta dell’84,8% del totale dei registrati al programma. Sono in prevalenza diplomati (58,1%), di età compresa tra i 19 e i 24 anni (56,1%).
Garanzia Giovani ha preso in carico un milione e 393mila persone. È quanto emerge dall’ultimo Rapporto quadrimestrale di monitoraggio, con dati aggiornati al 31 dicembre 2021. Si tratta dell’84,8% del totale dei registrati al programma. Sono in prevalenza giovani diplomati (58,1%), di età compresa tra i 19 e i 24 anni (56,1%) e con maggiori difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro: il 79,7% presenta valori medio-alti e alti della probabilità stimata di permanere nella condizione di Neet dopo 12 mesi dalla presa in carico. Gli interventi di politica attiva erogati ai partecipanti sono un milione e 788mila, di cui 754mila servizi al lavoro (azioni di orientamento e accompagnamento al lavoro) e 1,034 milioni misure di politica attiva (55,9% tirocini, 20,1% incentivi occupazionali e 17,3% formazione). I giovani avviati a un intervento di politica attiva sono circa 830mila e di questi il 92,6% ha concluso il percorso.

Rispetto al quadrimestre precedente si evidenzia una leggera crescita del numero dei registrati, a fronte di una contrazione del numero dei presi in carico e degli avviati. Confrontando nel complesso il 2021 con l’annualità precedente si osserva un aumento sia nel numero dei registrati sia dei presi in carico sia degli avviati alle politiche attive. Tuttavia, la dinamica dei flussi per quadrimestre di queste ultime due annualità è influenzata dagli andamenti ciclici della pandemia, caratterizzati da alternanza di periodi di minore e maggiore restrizione. Il confronto con il periodo pre-pandemia conferma l’esistenza di un trend decrescente nei flussi di adesione e presa in carico già in atto da fine 2017. A un anno dalla presa in carico il 43,6% ha un’occupazione, valore che sale al 48,4% per chi successivamente alla presa in carico ha avuto uno o più interventi di politica attiva, e scende al 34,8% per chi non ha avuto misure di politica attiva.

Complessivamente al 31 dicembre 2021 il tasso di inserimento occupazionale di tutti i giovani che hanno concluso una o più politiche del programma Garanzia Giovani è del 64,6%più elevato per gli uomini (67,3%) rispetto alle donne (61,7%). Dal punto di vista contrattuale, a differenza del precedente Rapporto di monitoraggio, si assiste a una leggera diminuzione della quota di lavoratori a tempo determinato, che scende al 21,1% (-0,9%), mentre sale al 75,8% (+1%) la quota di occupati con un contratto di natura stabile (a tempo indeterminato o di apprendistato).

Un’indagine condotta da Anpal su un campione di 24mila giovani ha evidenziato come l’emergenza sanitaria abbia influito negativamente sulla condizione lavorativa, sulla situazione economica e sul tempo libero, mentre non ha avuto influenza sulle condizioni di salute e di studio. Tra i giovani che si dichiarano in cerca di impiego, c’è la speranza di riuscire a trovare un lavoro più redditizio nel 30,6% dei casi, c’è la necessità di trovarne uno perché quello attuale è a termine nel 17,1%, c’è il timore di perdere l’attuale nel 13,6% dei casi. Considerando chi lo ha perso perché licenziato o posto in mobilità, il 43,6% ritiene che tale condizione sia da attribuire all’emergenza Covid-19. Se in generale i giovani reputano più che discreta la loro capacità di adattarsi ai cambiamenti, quando si chiede loro di esprimersi sul grado di fiducia riguardo al futuro lavorativo, chi è in cerca di lavoro dichiara nel 48% dei casi che è diminuita la speranza di riuscire a trovare nel medio termine (entro un anno) un lavoro soddisfacente.

L’altro approfondimento è un focus sul progetto Crescere in digitale, che ha come obiettivo quello di consentire ai giovani di acquisire specifiche competenze in ambito digitale, utili per l’inserimento nel mondo del lavoro. A conclusione di un corso on line su temi legati agli strumenti e alla strategia web per le pmi, tenuto da professionisti e accademici esperti, i giovani che hanno superato il test di verifica partecipano a un laboratorio di formazione specialistica che prevede anche incontri formativi assistiti con le imprese interessate a ospitare un tirocinante. Il giovane selezionato ha la possibilità di essere inserito in azienda per effettuare un tirocinio. Il progetto ha coinvolto complessivamente 7.059 Neet (soprattutto giovani “adulti”, con un titolo di studio medio-alto, residenti nelle regioni del Mezzogiorno), la maggior parte dei quali ha effettuato un tirocinio presso un’impresa. Al 31 dicembre 2021, il 44,7% dei tirocinanti risulta occupato e il 16,1% ha ottenuto un contratto di lavoro nell’azienda presso cui ha svolto il tirocinio.

Così lo smart working evidenzia le disuguaglianze del mondo del lavoro.

 

Quello dello smart working sembra essere un tema lentamente scomparso dal dibattito pubblico, risucchiato in quella dinamica di auspicata nuova normalità che di nuovo al momento ha ben poco.

Nel frattempo però studi e ricerche su questo strumento sono in crescita e ci offrono alcuni elementi di riflessione di cui si tende a tenere poco conto e che invece, in una fase post emergenziale e di tentativo di normalizzazione, andrebbero guardati.

Una recente indagine dell’Ocse cerca di analizzare gli effetti del lavoro da remoto sulle transizioni lavorative, sia quelle tra un lavoro e l’altro che quelle tra disoccupazione, inattività, studio e lavoro. I risultati sono interessanti sotto diversi punti di vista.

Se si guarda alle transizioni tra un lavoro e l’altro, tema caldo che si può legare al dibattito sulla crescita delle dimissioni, emerge come vi sia un rapporto positivo tra la possibilità di lavorare a distanza e il cambiamento di lavoro, principalmente nel medesimo settore.

Si tratta quindi di un elemento di interesse da parte dei lavoratori, oltre che di incentivazione alla mobilità geografica (virtuale) e di un elemento di scambio da parte delle imprese. Allo stesso tempo emerge una correlazione positiva anche nella transizione tra disoccupazione e lavoro, così come tra passaggio tra l’inattività data dal lavoro domestico al lavoro per il quale la possibilità di svolgere la propria prestazione da remoto consentirebbe maggiori livelli di conciliazione con le attività abituali.

Fin qui è possibile cogliere una dinamica generalmente positiva con il lavoro da remoto che può essere uno strumento utile per accrescere i livelli di dinamismo del mercato del lavoro.

Le condizioni di partenza

Ma se andiamo a vedere come questa dinamica si differenzia a seconda della composizione socio-economica degli individui emergono alcuni elementi di criticità. Infatti le correlazioni tra lavoro da remoto e mobilità nel mercato del lavoro sono presenti unicamente per lavoratori con competenze medio alte mentre sono nulli per chi ha competenze basse. La stessa dinamica si ritrova nella transizione tra disoccupazione e lavoro. Come già emerso quindi durante il periodo più complesso della pandemia, il lavoro da remoto genera una forte polarizzazione tra lavoratori che ruota in particolare intorno alle competenze possedute e quindi, anche, intorno al tipo di lavoro svolto.

E qui si ritrova un tema più generale legato alle transizioni lavorative, che il lavoro da remoto non fa che acuire e confermare: la possibilità di transizione è fortemente legata alle condizioni socio-economiche di partenza.

Nel caso specifico, senza le competenze tecniche e la dotazione tecnologica necessaria i lavoratori non possono beneficiare del potenziale positivo legato al lavoro da remoto che potrebbe consentire loro transizioni lavorative in grado di accrescere o il loro salario o quanto meno migliorare alcune condizioni di vita, specialmente connesse alle esigenze di conciliazione.

Questo tema si pone soprattutto per i lavoratori più maturi, con una incidenza inferiore per i giovani, legata proprio al possesso delle competenze necessarie.

Sullo sfondo resta il nodo critico di come consentire e favorire transizioni lavorative che possano contribuire a una miglior allocazione di domanda e offerta di lavoro, innalzando da un lato le condizioni di vita dei lavoratori e, dall’altro, i livelli di efficienza delle imprese che vengono penalizzati dal disallineamento.

Un tema particolarmente urgente in Italia, paese che si posiziona agli ultimi posti nella classifica delle transizioni, con percentuali che sono oltre la metà di quelle dei paesi nord europei e diversi punti sotto la media Ocse. La digitalizzazione dei processi produttivi, lavoro da remoto incluso, può contribuire a un miglioramento di questi livelli ma rischia di creare una ancora più grande polarizzazione peggiorando le condizioni per chi si trova nella fascia più bassa, riducendone ancor di più le possibilità. La stessa dinamica delle dimissioni di cui tanto si discute rischia di essere la descrizione di un beneficio per chi può permetterselo. L’urgenza deve essere quindi quella di rendere effettivo e operativo un vero diritto alla formazione per tutti i lavoratori che sia preludio di un diritto alla transizione che solo può attuarsi a partire da competenze (digitali ma non solo) adeguate oltre che da una conoscenza e da strumenti di accompagnamento nel mercato del lavoro. Di questa riduzione delle disuguaglianze ne beneficerebbero tutti.

FRANCESCO SEGHEZZI

LAVORO, TREU: DIRETTIVA UE SU PIATTAFORME DIGITALI APRE SCENARI NUOVI.

 

“Il CNEL ha già segnalato in più occasioni, attraverso numerosi seminari e pubblicazioni scientifiche, che nella gig economy le funzioni di datore di lavoro non sono svolte da un soggetto organizzato verticalmente ma, dalla piattaforma digitale che permette la gestione dei rapporti di lavoro che a essa sono collegati. Il ragionamento sulle tutele applicabili ai gig workers potrebbe muovere non solo dai cambiamenti che l’avvento della gig-economy ha determinato nella figura del prestatore di lavoro ma anche dal mutamento della nozione di datore di lavoro”.

Lo ha detto il presidente del CNEL, Tiziano Treu, nell’audizione odierna nell’ambito dell’esame della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al miglioramento delle condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali innanzi, innanzi alla Commissione Lavoro della Camera alla quale è intervenuto anche il consigliere CNEL Michele Faioli. Ai lavori ha partecipato anche il segretario generale del CNEL Mauro Nori.

“Negli studi compiuti, il CNEL segnala che occorre evitare di incasellare per legge in modo rigido un lavoro che può assumere nella realtà molte varianti. Inoltre, nei più recenti studi giuslavoristici e nei tentativi di regolazione, legislativa e contrattuale, in materia di gig-economy, il problema posto riguarda prevalentemente la qualificazione del lavoro svolto dai riders, lavoro autonomo vs lavoro subordinato. Ma ciò non basta. Bisogna andare oltre. Il problema della qualificazione del lavoro non è sufficiente per comprendere il fenomeno. La gig-economy è una forma di matchmaking tra domanda e offerta di lavoro. Ci sono opportunità di lavoro, offerte mediante piattaforma digitale, che consentono una certa conoscibilità del mercato del lavoro e, dunque, maggiori occasioni di accesso al lavoro. Il che, spesso, si combina con esigenze personali di flessibilità e, in altre circostanze, purtroppo, si declina con forme di precarietà, anche esistenziali”, ha aggiunto il presidente Treu.

“Con la proposta di direttiva del 2021 si aprono una serie di scenari nuovi. In primo luogo, la direttiva dovrebbe allineare la propria definizione con l’assetto normativo che si sta sviluppando a livello europeo in materia di intelligenza artificiale e di servizi/mercato digitale. Ma la cosa comporta molti problemi. L’armonizzazione tra norme europee è il presupposto per un buon funzionamento del mercato in cui operano anche le piattaforme digitali che intermediano lavoro – ha sottolineato il presidente del CNEL – La giusta concorrenza tra operatori del mercato digitale, europeo e transnazionale, non è da intendersi come un corollario delle tutele giuslavoristiche. Più e meglio si incide su tali discipline della concorrenza, maggiori saranno i benefici per tutti, anche i consumatori e i lavoratori. La proposta di direttiva riabilita un meccanismo giudiziale che permetterebbe al lavoratore di chiedere al giudice di intervenire per riqualificare il rapporto di lavoro come subordinato. Se da una parte questo crea maggiori possibilità di esercitare i propri diritti, dall’altra non segue l’impostazione preventiva della lite che l’Accordo Quadro Europeo sul lavoro digitale del 2020, sottoscritto da tutte le parti sociali, prevede”.

“L’Accordo Quadro punta essenzialmente su procedimenti di informazione e consultazione che permettono ai rappresentanti dei lavoratori di predisporre tutele adeguate allo specifico caso e ritagliate sulle esigenze dei lavoratori, fermo restando un assetto generale di principi condivisi da tutti (tutela della dignità personale, prospettiva persona-centrica, etc.). La proposta di direttiva non valorizza sufficientemente il ruolo delle rappresentanze sindacali neanche nella sezione che attiene ai diritti sull’accesso all’algoritmo (art. 6 ss.): si tratta di diritti individuali, rimessi all’esercizio di ciascun lavoratore. Il che non supporta la contrattazione collettiva e la partecipazione strategica nella materia delle piattaforme, creando spazio per contenziosi lunghi e spesso complicati. La proposta di direttiva potrebbe rendere più sinergica la collaborazione tra autorità garante della privacy, a cui sono assegnate una serie di funzioni, e ispettorati del lavoro”, ha concluso Treu.

CNEL: “MAGGIORE SICUREZZA SUI LUOGHI DI LAVORO ED IN GENERALE IN TUTTI GLI SPAZI CONFINATI DOPO LO STATO DI EMERGENZA.

RELAZIONE – PARERE

CONSIGLIERE FRANCESCO RIVA – CIU UNIONQUADRI

 

CIU Unionquadri – Dipartimento Giovani.

CIU Unionquadri – Dipartimento Giovani partecipa al CNEL al tavolo di lavoro Mismatch tra domanda e offerta di lavoro. Prima riunione di insediamento 12 aprile 2022.

Notizie CESE – Roadmap on critical technologies for Security and Defence.

Relatore CCMI/189 Prof. Maurizio Mensi – Consigliere CESE – CIU UNIONQUADRI

Programme

 Roadmap on critical technologies for Security and Defence

5 April 2022 9:30 – 13:00

09:30 – 09:35 / WELCOME ADDRESS

  • Ivan Kokalov, President of CCMI 189 Study Group

09:35 – 09:45 / INTRODUCTION

  • Maurizio Mensi, Rapporteur CCMI/189
  • Jan Pie, Co-Rapporteur CCMI/189

09:45 – 10:00 / SETTING THE SCENE: THE ROADMAP ON CRITICAL TECHNOLOGIES

  • Diego De Ojeda Garcia-Pardo, Head of Unit, Coordination of Foreign, Security & Defence Policy Implementation (incl. Political & Security Committee)

10:00 – 10:20 Questions and answers

10:20 – 11:10 / THE EXPECTATIONS OF THE INSTITUTIONAL ACTORS ON THE CRITICAL TECHNOLOGY OBSERVATORY

Moderator: Maurizio Mensi, Rapporteur of CCMI/189 Study Group

  • Lt. Gen. Giovanni Manione, Deputy Director General EUMS
  • Patrick Chatard-Moulin, Deputy Head of the Space Division, EEAS
  • Pieter Taal, Industry and Market Assistant Director, EDA
  • Fabio Liberti, Policy Officer, Defence Industry and Market Policy at European Commission, DG DEFIS

11:10 – 11:30 Questions and answers

11:30 – 11:45 / COFFEE BREAK

11:45 – 12:30 / THE ROLE AND NEEDS OF EU DEFENCE AND SECURITY INDUSTRY TO MEET THE AMBITIOUS OBJECTIVES OF THE ROADMAP

Moderator: Jan Pie, Co-Rapporteur of CCMI/189 Study Group

  • David Luengo, Managing Director, Indra
  • Giorgio Mosca, Sr. VP Strategic Intelligence and Analysis, Leonardo
  • Bastien Mancini, CEO Delair

12:30 – 12:50 / Questions and answers

12:50 – 13:00 / CONCLUSIONS

  • Maurizio Mensi, Rapporteur CCMI/189
  • Jan Pie, Co-Rapporteur CCMI/189