Da CIU-Unionquadri una proposta di legge che punta a definire i contorni giuridici e giuslavoristici di un profilo, quello del Data Protection Officer (DPO), sempre più strategico per il sistema imprenditoriale nazionale e internazionale
Oggi, 19 marzo – dalle ore 15 presso lo Spazio Europa (Roma) – la CIU, durante un evento patrocinato dall’European Economic and Social Committee, presenterà, oltre alla proposta di legge, anche la ricerca “Il ruolo del Data Protection Officer in Italia”, realizzata da CESMAL Centro Studi sul Management ed il Lavoro.
La privacy è un asset aziendale fondamentale: regolamentare il DPO significa proteggere dati, imprese e cittadini.
http://www.ciuonline.it/wp-content/uploads/2025/02/DPO-Locandina-1_001-1.png19841417zairahttp://www.ciuonline.it/wp-content/uploads/2024/05/Logo-CIU-Ufficiale--300x289.jpgzaira2025-03-19 12:10:422025-03-19 12:10:42Verso una regolamentazione del DPO: una tutela per aziende e cittadini.
http://www.ciuonline.it/wp-content/uploads/2025/03/Il-perimetro-di-efficacia-e-ap-INTEGRALE.pdf-Il-perimetro-parziale_001.png842596zairahttp://www.ciuonline.it/wp-content/uploads/2024/05/Logo-CIU-Ufficiale--300x289.jpgzaira2025-03-14 13:10:362025-03-14 13:10:36Contributo dell'Avv. Andrea Musti - Studio Legale Ichino Brugnatelli e Associati
Il ruolo del hashtag#DPO Data Protection Officer è stato creato all’interno della normativa sulla gestione e protezione dei dati personali (GDPR). Come ogni ruolo imposto da norma esterna alle organizzazioni aziendali e statali si sono verificati disallineamenti di procedure, difficoltà ad assegnare il ruolo nel contratto collettivo e mancata previsione di elementi professionali come la formazione. Mercoledì 19 marzo si terrà a Roma un importante convegno sul ruolo del DPO Il convegno, promosso da CIU Unionquadri vedrà la presentazione della ricerca sul ruolo del DPO realizzata dal CESMAL Centro Studi sul Management ed il Lavoro che rappresenta una assoluta novità di indagine nel settore che avrò l’onore di presentate con Tania Nardi. Nel corso del convegno sarà anche illustrata una proposta di legge per la valorizzazione e tutela professionale del ruolo. L’evento si terrà presso Spazio Europa gestito dall’Ufficio del Parlamento europeo in Italia e dalla Rappresentanza in Italia della Commissione europea in Via Quattro Novembre, 149 ROMA PROGRAMMA h.15.00 Apertura Sala Convegno Andrea Pranovi Giornalista Radio Roma Capitale Introduzione: Gabriella hashtag#Ancora, presidente CIU Unionquadri Francesco Riva, consigliere CNEL – CIU Unionquadri Maurizio Mensi, consigliere CESE – CIU Unionquadri Interventi: Presentazione ricerca “Il ruolo del Data Protection Officer in Italia” Antonio Votino, Presidente Cesmal Tania Nardi, Sociologa della Sostenibilità R. Cesare Di Rosa, Esperto in Data Privacy Management Mauro Antico, Chief Technology & Innovation Officer Philmark Group Antonio Gurrieri, Segretario Generale dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale Presentazione Proposta di legge FABIO PETRACCIAntonio BubiciAlberto TarlaoFrancesco Cresti Chiusura e commento di Maurizio Mensi
http://www.ciuonline.it/wp-content/uploads/2025/02/DPO-Locandina-1_001.png19841417zairahttp://www.ciuonline.it/wp-content/uploads/2024/05/Logo-CIU-Ufficiale--300x289.jpgzaira2025-03-10 14:34:462025-03-10 14:34:4719 marzo 2025 - DPO: RUOLO E RICONOSCIMENTO NORMATIVO. VERSO UNA PROPOSTA DI LEGGE INNOVATIVA.
Siamo lieti di annunciare che è stato recentemente siglato il nuovo CCNL “Attività dello Sport”, pensato per i dipendenti degli impianti e delle attività sportive, per la gestione degli atleti e per l’utilizzo di impianti e/o aree finalizzate alle pratiche sportive e di fitness. A firmare il contratto collettivo sono state CIU UNIONQUADRI con la Dott.ssa Gabriella Ancora (Presidente Nazionale) VALITALIA PMI con il Dott. Roberto Plini (Presidente Nazionale) e il Dott. Andrea Pantano (Presidente Nazionale APS LIBERTAS e Responsabile Nazionale ValItalia PMI per il settore Sport). L’obiettivo del contratto è quello di tutelare con misure attuali le esigenze delle imprese e dei dipendenti, in particolare quelli di elevata professionalità, che operano nel settore sportivo. Le OOSS firmatarie hanno condiviso i valori e le finalità del CCNL: diffusione della cultura del benessere, inclusione, valorizzazione delle professionalità, unione e rispetto. Scopri il nuovo CCNL e come poterlo utilizzare:
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Maurizio Mensi, rappresentante della CIU-Unionquadri presso il Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE), è stato eletto la scorsa settimana nel collegio dei Questori dal Gruppo III “Società civile” in occasione del rinnovo delle cariche apicali del CESE. Si tratta di un importante riconoscimento per la CIU-Unionquadri, che conferma il ruolo di rilievo dell’organizzazione a livello europeo.
Il CESE è un organo consultivo dell’Unione Europea che rappresenta le organizzazioni dei datori di lavoro, dei lavoratori e degli altri gruppi di interesse della società civile. La sua funzione principale è fornire pareri sulle proposte legislative europee, favorendo il dialogo tra le istituzioni comunitarie e la cittadinanza. Il collegio dei Questori, di cui Mensi ora fa parte, è responsabile di questioni amministrative e finanziarie che riguardano i membri del CESE.
La CIU-Unionquadri è un’organizzazione sindacale che tutela i quadri, i professionisti e le alte professionalità, promuovendo i diritti dei lavoratori e la rappresentanza a livello nazionale ed europeo, presente in Italia al CNEL. L’elezione di Maurizio Mensi rafforza la presenza dell’associazione nelle istituzioni comunitarie e consolida il suo impegno nella difesa degli interessi dei lavoratori rappresentati.
Gabriella Ancora, presidente della CIU-Unionquadri, ha commentato con soddisfazione la nomina: “Siamo orgogliosi dell’elezione di Maurizio Mensi, un risultato che testimonia la nostra costante missione nel portare la voce dei quadri e delle alte professionalità all’interno delle istituzioni europee. Questo incarico rafforza la nostra azione per una rappresentanza sempre più incisiva a livello comunitario.”
http://www.ciuonline.it/wp-content/uploads/2024/09/Mensi.png10801920zairahttp://www.ciuonline.it/wp-content/uploads/2024/05/Logo-CIU-Ufficiale--300x289.jpgzaira2025-02-24 15:59:182025-02-24 15:59:19Rappresentante di CIU Unionquadri eletto Questore al CESE
Dalla data del 2 febbraio 2025, in forza di quanto previsto dal Regolamento UE n. 2024/1689 del 13 giugno 2024 (Artificial Intelligence Act), sono vietati i sistemi di intelligenza artificiale che comportano un rischio “inaccettabile”.
Elemento centrale del Regolamento sull’Intelligenza Artificiale è infatti il sistema di classificazione del rischio che mira a creare un ambiente in cui l’innovazione nell’intelligenza garantisca comunque che i rischi siano adeguatamente gestiti.
L’AI Act è entrato in vigore il 2 agosto 2024 ma prevede un’applicazione progressiva con diverse tempistiche: a far data dal 2 febbraio, trovano per il momento applicazione i capi I e II del Regolamento, rispettivamente dedicati alle disposizioni di carattere generale e alle pratiche vietate.
Nella sua regolamentazione sui sistemi di intelligenza artificiale, l’AI Act impone il divieto di alcune tecnologie che potrebbero compromettere i diritti fondamentali, la sicurezza delle persone e la protezione della riservatezza e dei dati personali.
Tra i sistemi di intelligenza artificiale vietati rientrano:
Tecniche manipolative e sfruttamento delle vulnerabilità – Sono vietati i sistemi che utilizzano tecniche subliminali, manipolative o ingannevoli per influenzare il comportamento umano, compromettendo il processo decisionale consapevole. È inoltre proibito lo sfruttamento delle minacce legate a età, disabilità o condizioni socio-economiche per manipolare le persone, causando danni significativi.
Sistemi di categorizzazione biometrica e punteggio sociale (c.d. social scoring) – L’uso dell’IA per dedurre attributi quali razza, orientamento politico, appartenenza sindacale, religione o vita sessuale è vietato, salvo specifiche eccezioni per le forze dell’ordine. Inoltre, è proibita qualsiasi forma di punteggio sociale, ovvero la classificazione degli individui basata su comportamenti o caratteristiche personali che possano determinare trattamenti diversificati o discriminatori.
Profilazione criminale e riconoscimento facciale – È vietato l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per valutare il rischio di reati basandosi esclusivamente su profilazioni o tratti della personalità, a meno che non venga integrato con una valutazione umana basata su dati oggettivi. Non è poi consentita la creazione di database di riconoscimento facciale tramite raccolta indiscriminata di immagini da Internet o da sistemi di sorveglianza.
Identificazione biometrica remota e analisi delle emozioni – È proibito l’utilizzo dell’intelligenza artificiale al fine di rilevare emozioni nei luoghi di lavoro o nelle scuole. L’identificazione biometrica remota in tempo reale è vietata nei luoghi pubblici, salvo casi specifici per le forze dell’ordine, come la ricerca di persone scomparse, la prevenzione di attacchi terroristici o l’identificazione di sospetti per reati gravi.
Il 4 febbraio 2025 la Commissione europea ha pubblicato un primo set di linee guida volte a meglio chiarire alcune disposizioni dell’AI Act e, in particolare, le pratiche di intelligenza artificiale proibite.
avv. Alberto Tarlao
CIU Unionquadri
http://www.ciuonline.it/wp-content/uploads/2024/10/124645.jpg300300zairahttp://www.ciuonline.it/wp-content/uploads/2024/05/Logo-CIU-Ufficiale--300x289.jpgzaira2025-02-24 12:50:002025-02-24 12:50:00Prime applicazioni delle disposizioni del Regolamento Europeo in materia di Intelligenza Artificiale (AI Act)
http://www.ciuonline.it/wp-content/uploads/2025/02/DPO-Locandina-1_001.png19841417zairahttp://www.ciuonline.it/wp-content/uploads/2024/05/Logo-CIU-Ufficiale--300x289.jpgzaira2025-02-21 14:22:422025-02-21 14:41:2919 marzo 2025 - DPO: RUOLO E RICONOSCIMENTO NORMATIVO. VERSO UNA PROPOSTA DI LEGGE INNOVATIVA.
In un mondo ove l’importanza dei dati personali diventa sempre più importante, si consolida la necessità della loro protezione a tutela della vita personale e sociale di ogni cittadino. Il DPO (Data Protection Officer) è il soggetto incaricato di verificare e garantire il rispetto della normativa in materia di protezione dei dati per-sonali, con riferimento al Regolamento UE 2016/679 (GDPR) e alle disposizioni nazionali vigenti. La sua funzione può essere svolta in due modalità: come DPO interno o come DPO esterno. Il DPO interno è un dipendente dell’organizzazione (pubblica o privata) che, per poter espletare adeguatamente le proprie mansioni, deve disporre di una solida formazione in ambito giuridico e tecnico-informatico, così da padroneggiare i principi del GDPR, le norme nazionali, gli aspetti di sicurezza dei sistemi e la gestione del rischio. Questo professionista, pur operando all’interno della struttura gerarchica, deve godere di autonomia e indipendenza, potendo accedere alle informazioni e ai mezzi necessari senza subire ingerenze che ne condizionino l’attività. Il DPO interno risponde della supervisione dell’osservanza delle norme sulla privacy, fornendo consulenza in materia di valutazioni d’impatto (DPIA), redigendo report e fungendo da punto di contatto con l’Autorità Garante; potrebbe incorrere in responsabilità sia disciplinari sia, in casi estremi, pecuniarie o penali qualora dovessero ravvisarsi colpa grave o dolo.
Sul piano contrattuale, il DPO interno può essere inquadrato come dirigente o quadro, a seconda della complessità delle sue funzioni, e l’autonomia del ruolo dovrebbe essere protetta da clausole specifiche. Il DPO esterno, invece, svolge le stesse funzioni del DPO interno ma opera come consulente esterno, singolo professionista o società specializzata, incaricato tramite un contratto di servizio. Anch’egli deve possedere competenze specialistiche e mantenere una posizione di indipendenza, godendo di un adeguato accesso alle informazioni utili per valutare i trattamenti e rilevare eventuali violazioni. Il DPO esterno risponde contrattualmente dell’operato svolto, fermo restando che l’obbligo di conformità resta in capo al titolare o al responsabile del trattamento. Fatte tali premesse, considerata l’importanza del ruolo rivestito da queste figure, non si può non rilevare come nel nostro ordinamento, oggi, man-chino tutele specifiche di inquadramento giuridico, giuslavoristico, economico nei confronti dei soggetti addetti alla protezione dei dati. Quanto al DPO interno, oltre a doversi prevedere un inquadramento giuridico quale dipendente che svolge specifiche mansioni, anche lo stipendio dovrebbe essere commisurato al livello di rischio e alle competenze richieste, riconoscendone il ruolo cruciale in azienda e prevedendo forme di aggiornamento continuo che ne accrescano la professionalità. Allo stesso modo manca un inquadramento del D.P.O. esterno quale libero professionista: le tariffe di questo soggetto potrebbero essere stabilite sulla base di parametri quali la complessità dell’incarico, il volume di dati trattati, il numero dei dipendenti dell’azienda e il settore operativo; sarebbe auspicabile individuare range tariffari di riferimento per garantire trasparenza e concorrenza leale. Una proposta di legge che disciplini la figura del DPO, sia interno sia esterno, dovrebbe prevedere requisiti minimi di nomina, obblighi di formazione continua, definizione chiara delle responsabilità e un adeguato quadro sanzionatorio, nonché la possibilità di istituire un albo, o un registro, al quale accedere in base a requisiti di esperienza e certificazioni specifiche, favorendo così il riconoscimento professionale e la trasparenza del mercato. L’obiettivo di tale normativa sarebbe quello di creare regole unitarie in grado di valorizzare il ruolo del DPO, di assicurare la sua indi-pendenza e di orientare correttamente le organizzazioni verso la piena compliance in materia di privacy e protezione dei dati. In tal senso, la legge potrebbe anche prevedere specifiche forme di tutela volte a evitare conflitti di interesse.
http://www.ciuonline.it/wp-content/uploads/2025/02/Ruolo-del-DPO.jpg10801920zairahttp://www.ciuonline.it/wp-content/uploads/2024/05/Logo-CIU-Ufficiale--300x289.jpgzaira2025-02-19 09:30:542025-02-19 09:30:54Data Protection Officer: una regolamentazione per tutelarne la professionalità e la formazione specifica.
Sottoscritto accordo interpretativo a favore dei dipendenti portuali appartenenti al settore ferroviario.
In data 14 febbraio 2025 presso l’ADSPAMAO alla presenza del Commissario Ing. Torbianelli, e del Segretario Generale dottor Antonio Gurrieri: il Vice Presidente della CIU Unionquadri Avv. Fabio Petracci, gli iscritti a CIU Unionquadri e la loro coordinatrice Dott.ssa Toscano, presenti anche i rappresentanti di CGIL – CISL e UIL, hanno sottoscritto un accordo interpretativo atto a contenere talune disparità di trattamento a favore dei dipendenti portuali appartenenti al settore ferroviario.
Il Gruppo CIU UNIONQUADRI ha avuto pieno riconoscimento sulla sua funzione e rappresentatività.
http://www.ciuonline.it/wp-content/uploads/2024/05/cropped-Logo-CIU-Ufficiale-.jpg512512zairahttp://www.ciuonline.it/wp-content/uploads/2024/05/Logo-CIU-Ufficiale--300x289.jpgzaira2025-02-17 15:28:312025-02-17 15:28:32ADSPAMAO (Autorità Portuale Adriatico Orientale – Porti di Trieste e Monfalcone).
L’articolo 1, comma 457 della legge di bilancio per il 2025 stanzia 70 milioni di euro per il 2025 e 7 milioni per il 2026 per la costituzione di un fondo per il finanziamento della partecipazione dei lavoratori al capitale alla gestione ed ai risultati di impresa.
Lo stanziamento viene incontro al progetto di legge già presentato dalla CISL nonché alle osservazioni formulate dal sindacato Unionquadri nel corso dell’audizione in tema di legge di bilancio tenutasi l’11 dicembre 2024.
Testualmente riportava il documento di Unionquadri presentato all’incontro con il Governo:
“In merito al coinvolgimento dei lavoratori nella gestione aziendale, ricordiamo come l’articolo 45 della Costituzione stabilisca il principio della partecipazione dei lavoratori alla gestione aziendale.
Ricordiamo come l’articolo 4 della legge 92/2012 conteneva una delega per il governo a realizzare un tanto. La delega in realtà decadde per il mancato intervento del Governo.”
L’interesse sindacale per tale tema proviene in primo luogo da quelle parti sindacali che non intendono ricorrere a mere strategie di contrapposizione, favorendo anche momenti di collaborazione.
Per quanto riguarda Unionquadri, interesse di è anche dato dalla particolare collocazione professionale della categoria spesso vicina e quindi più sensibile alle vicende aziendali e spesso in grado di supportarne la gestione.
Non va peraltro dimenticato come nel nostro ordinamento l’articolo 46 della Costituzione riporti testualmente “Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”.
Il principio non è mai stato attuato.
Non va dimenticato come in diversi periodi di crisi economica, si sia tornato a riproporre il tema per promuovere la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese senza però ottenere risultati concreti.
Il principio della Cogestione.
Per affrontare in maniera anche sommaria il tema è innanzitutto necessario chiarire i termini con i quali vengono individuate diverse forme di partecipazione dei lavoratori alle vicende aziendali.
In primo luogo, ricordiamo la cosiddetta partecipazione agli utili (Gains Sharing) che consiste nella distribuzione degli utili ai lavoratori in base ad una quota individuale di partecipazione.
Questo istituto, a differenza di quello che definiremo Cogestione non prevede normalmente una partecipazione organizzata alla direzione dell’impresa.
Diverso, anche perché sviluppato in un contesto politico molto diverso da quello attuale è il concetto di autogestione delle aziende proposto nel dopoguerra nell’allora Jugoslavia da Milovan Djilas Edvard Kardelj e Boris Kidric e fatta propria dal governo di quel paese.
Il sistema in quest’ultimo caso, non presupponeva una reale democratizzazione del sistema politico ed economico nel persistere di un sistema a partito unico che ignorava la libertà economica e d’impresa e dunque, non pare rapportabile alle attuali esigenze.
Attualmente ed in sintesi, si possono individuare almeno quattro differenti tipologie di partecipazione dei lavoratori all’azienda:
quella di tipo “organizzativo/gestionale”, da intendersi come presenza di una rappresentanza dei lavoratori all’interno degli organi di controllo e decisionali dell’azienda (es. presenza di un rappresentante indicato o eletto dai lavoratori all’interno del Consiglio di Amministrazione);
quella di tipo “informativo/consultivo”, che può essere considerata come il diritto dei lavoratori (o meglio, dei loro rappresentanti) alla conoscenza dei piani aziendali passati, presenti e futuri, anche come condizione vincolante rispetto alle decisioni da assumere, con altresì possibilità di elaborare suggerimenti e controproposte;
quella di tipo “economico”, che mira a far partecipare i lavoratori meritevoli dei risultati e del benessere dell’azienda, promuovendo una parziale redistribuzione degli utili aziendali sulla base delle prestazioni effettivamente svolte dagli stessi lavoratori, rendendoli partecipi del successo dell’azienda;
quella di tipo “finanziario”, con la possibilità di accedere ad un azionariato diretto dei dipendenti delle aziende per cui lavorano, in modo da indirizzarle anche verso un assetto proprietario più condiviso, con forte responsabilizzazione e creazione di spirito d’appartenenza in capo ai singoli lavoratori.
La prima, di cui parleremo, da intendersi quale cogestione, è la forma più attiva e significativa di partecipazione dei lavoratori all’azienda.
Il modello tedesco.
Il sistema di partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese trova le proprie origini nelle economie occidentali e principalmente in Germania.
Esso fonda le proprie radici nella Repubblica di Weimar (1919 – 1933) dove si cercò di realizzare l’eguaglianza capitale – lavoro sulla base di un patto sociale.
Era così riconosciuto ai lavoratori un ruolo centrale nell’ambito dei processi economici imprenditoriali mediante la possibilità di istituire “una rappresentanza legale nei consigli operai, nei consigli di distretto, nonché nel consiglio operaio nazionale.”
Su tale base, si instaurava un sistema a doppio canale di cui uno rappresentativo, sindacale e rivendicativo e l’altro partecipativo e gestionale soprattutto nelle grandi imprese definito “Mitbestimmung”.
Il sistema destinato a cadere con l’avvento del Nazionalsocialismo e con il secondo conflitto mondiale, riapparve e si stabilizzò alla fine della guerra attraverso l’approvazione di una serie di leggi federali.
Si evolvevano ed in parte confluivano parallelamente in tal modo il diritto societario, il diritto d’impresa e quello sindacale e del lavoro.
In tal modo tramite un doppio canale, i lavoratori partecipano alle decisioni della società attraverso due organi: il c.d. Consiglio di Fabbrica ed il c.d. Consiglio di Sorveglianza.
In particolare, il modello tedesco, noto come Mitbestimmung, è una vera e propria parte caratterizzante del sistema di relazioni industriali del paese.
Mitbestimmung può essere tradotto come “codeterminazione” e si riferisce ad una partecipazione paritaria di dipendenti, azionisti e dirigenti alla gestione della politica aziendale ed alle conseguenti decisioni.
In effetti, il modello tedesco prevede che l’economia e le strutture produttive lungi dal costituire esclusivamente un luogo di scontro di interessi configgenti tra capitale e lavoro, dessero invece vita ad una vera e propria “Gemeinschaft”, una “comunità” avente il fine comune di garantire benessere e prosperità per i suoi componenti.
La partecipazione dei lavoratori in Germania si compone di due livelli:
la “betriebliche Mitbestimmung”, partecipazione a livello di unità produttiva, che in Italia si potrebbe tradurre o intendere come “partecipazione o cogestione aziendale”;
la “unternehmerische Mitbestimmung”, partecipazione a livello di organi societari d’impresa, che indica la parte gestionale che è adibita all’impiego delle risorse prodotte dalla parte produttiva, traducibile come “partecipazione o cogestione societaria”.
A sottolineare il valore e l’importanza della partecipazione dei lavoratori, lo stesso art. 9 del Grund Gesetz, la Carta costituzionale varata nel 1949, dispone l’ordinamento e la pacificazione del mondo del lavoro mettendo sullo stesso piano sia la contrapposizione degli interessi sia la volontà comune di collaborazione.
Per tale motivo, le società in Germania sono soggette alla Mitbestimmung (co-determinazione) se impiegano più di 500 dipendenti.
Come già accennato i lavoratori partecipano alle decisioni della società attraverso due organi: il c.d. Consiglio di Fabbrica ed il c.d. Consiglio di Sorveglianza.
Se il primo rappresenta i lavoratori nelle singole sedi aziendali ed è formato interamente da dipendenti, il secondo è invece un organo aziendale che fa capo alla sede centrale, composto per metà dai rappresentanti dei lavoratori e per metà dagli azionisti.
Il modello Volkswagen.
Il più noto modello di partecipazione dei lavoratori all’impresa è quello del Gruppo Volkswagen.
Uno dei punti di forza del modello Volkswagen è sicuramente l’elevato grado di percentuale di lavoratori iscritti al sindacato IG METALL, che rappresenta buona parte dei dipendenti.
Il modello di relazioni industriali del Gruppo Volkswagen è improntato sulla Carta dei diritti dei lavoratori che la multinazionale tedesca ha sottoscritto a livello globale e che prevede forme intense di coinvolgimento partecipativo in tutte le aziende che fanno capo al gruppo, anche nei paesi diversi dalla Germania.
Detta Carta definisce i diritti d’informazione e di partecipazione e si pone come obiettivo quello di instaurare un rapporto di reciproca fiducia e rispetto tra le parti.
Tra i molti principi contenuti nella Carta, che richiama nei contenuti e nei principi gran parte delle Convenzioni OIL stipulate, è interessante leggere come il Gruppo Volkswagen riconosca espressamente il diritto di contrattazione collettiva e che di conseguenza il Gruppo Volkswagen e i sindacati o le rappresentanze dei lavoratori conducano insieme un dialogo sociale, di cui le contrattazioni collettive rappresentano una particolare forma.
Il sistema tedesco di cogestione delle aziende ha interessato la Comunità Europea.
La Cogestione nelle politiche comunitarie.
Le istituzioni europee nel corso degli anni 70 pensarono di poter agevolmente introdurre nei singoli stati il modello partecipativo tedesco, ma ben presto si videro costrette a compiere dei passi indietro anche a causa della profonda diversità delle relazioni sindacali nei diversi stati europei.
In ogni caso, le istituzioni comunitarie continuavano nell’obiettivo del coinvolgimento dei lavoratori nella gestione delle imprese, cercando di avviare un processo volto ad uniformare le discipline dei singoli stati dal punto di vista del diritto societario e delle relazioni industriali mediante numerose direttive volte perlomeno ad agevolare l’introduzione del modello partecipativo presente in Germania.
Si arrivò però soltanto ad una serie di direttive volta ad introdurre a livello comunitario obblighi di informazione e consultazione in materia di relazioni industriali finalizzate a favorire la partecipazione del personale alla gestione delle imprese.
Il processo si protrasse sino alle direttive relative alla Società Europea ed ai Comitati Aziendali Europei che consolidarono dei principi minimi di informazione e partecipazione nelle aziende nazionali aventi rilevanza europea.
La Cogestione nell’ordinamento italiano.
Per quanto riguarda invece l’Italia, nel tempo vi sono stati forti resistenze alla diffusione delle forme partecipative e pertanto l’art. 46 della Carta Costituzionale deve considerarsi come una norma rimasta sostanzialmente inapplicata.
Il codice civile all’articolo 2349 prevede l’ipotesi di assegnazione degli utili ai prestatori di lavoro delle società, anche mediante l’emissione di speciali categorie di azioni.
Lo stesso articolo prevede inoltre la possibile attribuzione ai dipendenti di diritti patrimoniali ed amministrativi con esclusione del voto nell’assemblea generale riservato agli azionisti.
In particolare, deve essere ricordato il tentativo operato dalla c.d. “Riforma Fornero”, legge n. 92/2012, la quale aveva delegato il governo ad adottare uno o più decreti finalizzati a favorire le forme di coinvolgimento dei lavoratori nell’impresa, attivate attraverso la stipulazione di un contratto collettivo aziendale, nel rispetto di principi e criteri direttivi previsti dalla legge (art. 4 c. 62 legge n. 92/2012).
Tuttavia, anche tale intervento non ha trovato concreta e capillare attuazione.
A livello legislativo, il DLGS 11/2017 che tratta delle Imprese Sociali, il coinvolgimento dei lavoratori è indicato all’articolo 11 come elemento fondamentale e necessario.
Interessante nel dopoguerra ed anni successivi (1945 – 1971), il cosiddetto modello Olivetti, azienda nella quale era costituito un Consiglio di Gestione coinvolto nei processi industriali e di organizzazione del lavoro in un’azienda tanto radicata sul territorio, quanto proiettata sui mercati internazionali.
Conclusioni.
Oggi, anche grazie alle nuove sfide della digitalizzazione ed i recenti sviluppi dell’economia, con un passaggio a quella che è stata definita l’era della “condivisione” (sharing economy), potrebbero essere state gettate le basi per la revisione del modello conflittuale su cui, storicamente, si sono rette le relazioni industriali e dunque vi sarebbero concrete possibilità di un recupero dello strumento della partecipazione dei lavoratori all’impresa.
In effetti, con l’avvento della c.d. quarta rivoluzione industriale, uno degli effetti più rilevanti è stato quello di considerare non più la prestazione lavorativa nella sua mera esecuzione materiale, quindi come mera collaborazione passiva, strettamente legata alle mansioni assegnate al lavoratore bensì la necessità di una vera e propria partecipazione attiva da parte dei lavoratori nella generazione dei valori aziendali.
In effetti, il modello storico delle relazioni industriali è principalmente basato sulla forte asimmetria tra potere direttivo e dovere di collaborazione, fondato sulla prerogativa dell’imprenditore di dirigere l’azienda in coerenza al principio di libertà di iniziativa economica privata, considerando i rischi assunti esclusivamente a carico dell’impresa stessa.
Oggi, la possibilità di partecipazione dei lavoratori alle vicende d’impresa potrebbe da un lato attenuare gli effetti del disequilibrio in termini di condizioni di lavoro e, dall’altro, essere ulteriore strumento di eventuale modifica dell’esercizio del potere direttivo in una chiave maggiormente collaborativa, tenuto dovuto conto altresì dell’evoluzione ed attenuazione del concetto di subordinazione registratosi negli ultimi anni.
UNIONQUADRI sindacato dei quadri direttivi, professionisti e ricercatori delle aziende rivolge la propria attenzione agli importanti mutamenti che coinvolgono la tecnologia, l’economia ed il mondo del lavoro e si pone come tramite tra le fasce di lavoratori maggiormente professionalizzate e le direzioni aziendali in un’ottica di collaborazione nell’interesse dell’azienda intesa anche come comunità.
Ne deriva l’interesse di UNIONQUADRI per ogni forma utile di incontro tra interessi del lavoro e dell’impresa.
avv. Fabio Petracci
http://www.ciuonline.it/wp-content/uploads/2025/02/cogestione-762x321-1.jpg321762zairahttp://www.ciuonline.it/wp-content/uploads/2024/05/Logo-CIU-Ufficiale--300x289.jpgzaira2025-02-17 13:41:312025-02-17 13:41:32L’interesse dei quadri ad un sistema di coinvolgimento dei lavoratori nella gestione delle aziende.
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Verso una regolamentazione del DPO: una tutela per aziende e cittadini.
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Oggi, 19 marzo – dalle ore 15 presso lo Spazio Europa (Roma) – la CIU, durante un evento patrocinato dall’European Economic and Social Committee, presenterà, oltre alla proposta di legge, anche la ricerca “Il ruolo del Data Protection Officer in Italia”, realizzata da CESMAL Centro Studi sul Management ed il Lavoro.
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Mercoledì 19 marzo si terrà a Roma un importante convegno sul ruolo del DPO
Il convegno, promosso da CIU Unionquadri vedrà la presentazione della ricerca sul ruolo del DPO realizzata dal CESMAL Centro Studi sul Management ed il Lavoro che rappresenta una assoluta novità di indagine nel settore che avrò l’onore di presentate con Tania Nardi. Nel corso del convegno sarà anche illustrata una proposta di legge per la valorizzazione e tutela professionale del ruolo.
L’evento si terrà presso Spazio Europa gestito dall’Ufficio del Parlamento europeo in Italia e dalla Rappresentanza in Italia della Commissione europea in Via Quattro Novembre, 149 ROMA
PROGRAMMA
h.15.00 Apertura Sala Convegno
Andrea Pranovi Giornalista Radio Roma Capitale
Introduzione: Gabriella hashtag#Ancora, presidente CIU Unionquadri
Francesco Riva, consigliere CNEL – CIU Unionquadri
Maurizio Mensi, consigliere CESE – CIU Unionquadri
Interventi:
Presentazione ricerca “Il ruolo del Data Protection Officer in Italia”
Antonio Votino, Presidente Cesmal
Tania Nardi, Sociologa della Sostenibilità
R. Cesare Di Rosa, Esperto in Data Privacy Management
Mauro Antico, Chief Technology & Innovation Officer Philmark Group Antonio Gurrieri, Segretario Generale dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale
Presentazione Proposta di legge
FABIO PETRACCI Antonio Bubici Alberto Tarlao Francesco Cresti
Chiusura e commento di Maurizio Mensi
Siglato il nuovo CCNL “Attività dello Sport”
/in Comunicati stampa, Documenti, In Evidenza, News /da zairaSiamo lieti di annunciare che è stato recentemente siglato il nuovo CCNL “Attività dello Sport”, pensato per i dipendenti degli impianti e delle attività sportive, per la gestione degli atleti e per l’utilizzo di impianti e/o aree finalizzate alle pratiche sportive e di fitness.
A firmare il contratto collettivo sono state CIU UNIONQUADRI con la Dott.ssa Gabriella Ancora (Presidente Nazionale) VALITALIA PMI con il Dott. Roberto Plini (Presidente Nazionale) e il Dott. Andrea Pantano (Presidente Nazionale APS LIBERTAS e Responsabile Nazionale ValItalia PMI per il settore Sport).
L’obiettivo del contratto è quello di tutelare con misure attuali le esigenze delle imprese e dei dipendenti, in particolare quelli di elevata professionalità, che operano nel settore sportivo. Le OOSS firmatarie hanno condiviso i valori e le finalità del CCNL: diffusione della cultura del benessere, inclusione, valorizzazione delle professionalità, unione e rispetto.
Scopri il nuovo CCNL e come poterlo utilizzare:
Rappresentante di CIU Unionquadri eletto Questore al CESE
/in Comunicati stampa, Documenti, In Evidenza, News /da zairaMaurizio Mensi, rappresentante della CIU-Unionquadri presso il Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE), è stato eletto la scorsa settimana nel collegio dei Questori dal Gruppo III “Società civile” in occasione del rinnovo delle cariche apicali del CESE. Si tratta di un importante riconoscimento per la CIU-Unionquadri, che conferma il ruolo di rilievo dell’organizzazione a livello europeo.
Il CESE è un organo consultivo dell’Unione Europea che rappresenta le organizzazioni dei datori di lavoro, dei lavoratori e degli altri gruppi di interesse della società civile. La sua funzione principale è fornire pareri sulle proposte legislative europee, favorendo il dialogo tra le istituzioni comunitarie e la cittadinanza. Il collegio dei Questori, di cui Mensi ora fa parte, è responsabile di questioni amministrative e finanziarie che riguardano i membri del CESE.
La CIU-Unionquadri è un’organizzazione sindacale che tutela i quadri, i professionisti e le alte professionalità, promuovendo i diritti dei lavoratori e la rappresentanza a livello nazionale ed europeo, presente in Italia al CNEL. L’elezione di Maurizio Mensi rafforza la presenza dell’associazione nelle istituzioni comunitarie e consolida il suo impegno nella difesa degli interessi dei lavoratori rappresentati.
Gabriella Ancora, presidente della CIU-Unionquadri, ha commentato con soddisfazione la nomina: “Siamo orgogliosi dell’elezione di Maurizio Mensi, un risultato che testimonia la nostra costante missione nel portare la voce dei quadri e delle alte professionalità all’interno delle istituzioni europee. Questo incarico rafforza la nostra azione per una rappresentanza sempre più incisiva a livello comunitario.”
Prime applicazioni delle disposizioni del Regolamento Europeo in materia di Intelligenza Artificiale (AI Act)
/in Comunicati stampa, Documenti, In Evidenza, News /da zairaDalla data del 2 febbraio 2025, in forza di quanto previsto dal Regolamento UE n. 2024/1689 del 13 giugno 2024 (Artificial Intelligence Act), sono vietati i sistemi di intelligenza artificiale che comportano un rischio “inaccettabile”.
Elemento centrale del Regolamento sull’Intelligenza Artificiale è infatti il sistema di classificazione del rischio che mira a creare un ambiente in cui l’innovazione nell’intelligenza garantisca comunque che i rischi siano adeguatamente gestiti.
L’AI Act è entrato in vigore il 2 agosto 2024 ma prevede un’applicazione progressiva con diverse tempistiche: a far data dal 2 febbraio, trovano per il momento applicazione i capi I e II del Regolamento, rispettivamente dedicati alle disposizioni di carattere generale e alle pratiche vietate.
Nella sua regolamentazione sui sistemi di intelligenza artificiale, l’AI Act impone il divieto di alcune tecnologie che potrebbero compromettere i diritti fondamentali, la sicurezza delle persone e la protezione della riservatezza e dei dati personali.
Tra i sistemi di intelligenza artificiale vietati rientrano:
Il 4 febbraio 2025 la Commissione europea ha pubblicato un primo set di linee guida volte a meglio chiarire alcune disposizioni dell’AI Act e, in particolare, le pratiche di intelligenza artificiale proibite.
avv. Alberto Tarlao
CIU Unionquadri
19 marzo 2025 – DPO: RUOLO E RICONOSCIMENTO NORMATIVO. VERSO UNA PROPOSTA DI LEGGE INNOVATIVA.
/in Comunicati stampa, Documenti, In Evidenza, News /da zairaRegistrazione obbligatoria
Per partecipare è necessaria la registrazione a questo link: https://forms.gle/2Ai6MeS4uncx5LSJ7
Registrazione obbligatoria
Per partecipare è necessaria la registrazione a questo link: https://forms.gle/2Ai6MeS4uncx5LSJ7
Data Protection Officer: una regolamentazione per tutelarne la professionalità e la formazione specifica.
/in Comunicati stampa, Documenti, In Evidenza, News /da zairaIn un mondo ove l’importanza dei dati personali diventa sempre più importante, si consolida la necessità della loro protezione a tutela della vita personale e sociale di ogni cittadino.
Il DPO (Data Protection Officer) è il soggetto incaricato di verificare e garantire il rispetto della normativa in materia di protezione dei dati per-sonali, con riferimento al Regolamento UE 2016/679 (GDPR) e alle disposizioni nazionali vigenti.
La sua funzione può essere svolta in due modalità: come DPO interno o come DPO esterno.
Il DPO interno è un dipendente dell’organizzazione (pubblica o privata) che, per poter espletare adeguatamente le proprie mansioni, deve disporre di una solida formazione in ambito giuridico e tecnico-informatico, così da padroneggiare i principi del GDPR, le norme nazionali, gli aspetti di sicurezza dei sistemi e la gestione del rischio.
Questo professionista, pur operando all’interno della struttura gerarchica, deve godere di autonomia e indipendenza, potendo accedere alle informazioni e ai mezzi necessari senza subire ingerenze che ne condizionino l’attività. Il DPO interno risponde della supervisione dell’osservanza delle norme sulla privacy, fornendo consulenza in materia di valutazioni d’impatto (DPIA), redigendo report e fungendo da punto di contatto con l’Autorità Garante; potrebbe incorrere in responsabilità sia disciplinari sia, in casi estremi, pecuniarie o penali qualora dovessero ravvisarsi colpa grave o dolo.
Sul piano contrattuale, il DPO interno può essere inquadrato come dirigente o quadro, a seconda della complessità delle sue funzioni, e l’autonomia del ruolo dovrebbe essere protetta da clausole specifiche.
Il DPO esterno, invece, svolge le stesse funzioni del DPO interno ma opera come consulente esterno, singolo professionista o società specializzata, incaricato tramite un contratto di servizio. Anch’egli deve possedere competenze specialistiche e mantenere una posizione di indipendenza, godendo di un adeguato accesso alle informazioni utili per valutare i trattamenti e rilevare eventuali violazioni. Il DPO esterno risponde contrattualmente dell’operato svolto, fermo restando che l’obbligo di conformità resta in capo al titolare o al responsabile del trattamento.
Fatte tali premesse, considerata l’importanza del ruolo rivestito da queste figure, non si può non rilevare come nel nostro ordinamento, oggi, man-chino tutele specifiche di inquadramento giuridico, giuslavoristico, economico nei confronti dei soggetti addetti alla protezione dei dati.
Quanto al DPO interno, oltre a doversi prevedere un inquadramento giuridico quale dipendente che svolge specifiche mansioni, anche lo stipendio dovrebbe essere commisurato al livello di rischio e alle competenze richieste, riconoscendone il ruolo cruciale in azienda e prevedendo forme di aggiornamento continuo che ne accrescano la professionalità.
Allo stesso modo manca un inquadramento del D.P.O. esterno quale libero professionista: le tariffe di questo soggetto potrebbero essere stabilite sulla base di parametri quali la complessità dell’incarico, il volume di dati trattati, il numero dei dipendenti dell’azienda e il settore operativo; sarebbe auspicabile individuare range tariffari di riferimento per garantire trasparenza e concorrenza leale.
Una proposta di legge che disciplini la figura del DPO, sia interno sia esterno, dovrebbe prevedere requisiti minimi di nomina, obblighi di formazione continua, definizione chiara delle responsabilità e un adeguato quadro sanzionatorio, nonché la possibilità di istituire un albo, o un registro, al quale accedere in base a requisiti di esperienza e certificazioni specifiche, favorendo così il riconoscimento professionale e la trasparenza del mercato. L’obiettivo di tale normativa sarebbe quello di creare regole unitarie in grado di valorizzare il ruolo del DPO, di assicurare la sua indi-pendenza e di orientare correttamente le organizzazioni verso la piena compliance in materia di privacy e protezione dei dati.
In tal senso, la legge potrebbe anche prevedere specifiche forme di tutela volte a evitare conflitti di interesse.
ADSPAMAO (Autorità Portuale Adriatico Orientale – Porti di Trieste e Monfalcone).
/in Comunicati stampa, Documenti, In Evidenza, News /da zairaSottoscritto accordo interpretativo a favore dei dipendenti portuali appartenenti al settore ferroviario.
In data 14 febbraio 2025 presso l’ADSPAMAO alla presenza del Commissario Ing. Torbianelli, e del Segretario Generale dottor Antonio Gurrieri: il Vice Presidente della CIU Unionquadri Avv. Fabio Petracci, gli iscritti a CIU Unionquadri e la loro coordinatrice Dott.ssa Toscano, presenti anche i rappresentanti di CGIL – CISL e UIL, hanno sottoscritto un accordo interpretativo atto a contenere talune disparità di trattamento a favore dei dipendenti portuali appartenenti al settore ferroviario.
Il Gruppo CIU UNIONQUADRI ha avuto pieno riconoscimento sulla sua funzione e rappresentatività.
L’interesse dei quadri ad un sistema di coinvolgimento dei lavoratori nella gestione delle aziende.
/in Comunicati stampa, Documenti, In Evidenza, News /da zairaQualche novità nella legge di bilancio 2025.
L’articolo 1, comma 457 della legge di bilancio per il 2025 stanzia 70 milioni di euro per il 2025 e 7 milioni per il 2026 per la costituzione di un fondo per il finanziamento della partecipazione dei lavoratori al capitale alla gestione ed ai risultati di impresa.
Lo stanziamento viene incontro al progetto di legge già presentato dalla CISL nonché alle osservazioni formulate dal sindacato Unionquadri nel corso dell’audizione in tema di legge di bilancio tenutasi l’11 dicembre 2024.
Testualmente riportava il documento di Unionquadri presentato all’incontro con il Governo:
“In merito al coinvolgimento dei lavoratori nella gestione aziendale, ricordiamo come l’articolo 45 della Costituzione stabilisca il principio della partecipazione dei lavoratori alla gestione aziendale.
Ricordiamo come l’articolo 4 della legge 92/2012 conteneva una delega per il governo a realizzare un tanto. La delega in realtà decadde per il mancato intervento del Governo.”
L’interesse sindacale per tale tema proviene in primo luogo da quelle parti sindacali che non intendono ricorrere a mere strategie di contrapposizione, favorendo anche momenti di collaborazione.
Per quanto riguarda Unionquadri, interesse di è anche dato dalla particolare collocazione professionale della categoria spesso vicina e quindi più sensibile alle vicende aziendali e spesso in grado di supportarne la gestione.
Non va peraltro dimenticato come nel nostro ordinamento l’articolo 46 della Costituzione riporti testualmente “Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”.
Il principio non è mai stato attuato.
Non va dimenticato come in diversi periodi di crisi economica, si sia tornato a riproporre il tema per promuovere la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese senza però ottenere risultati concreti.
Il principio della Cogestione.
Per affrontare in maniera anche sommaria il tema è innanzitutto necessario chiarire i termini con i quali vengono individuate diverse forme di partecipazione dei lavoratori alle vicende aziendali.
In primo luogo, ricordiamo la cosiddetta partecipazione agli utili (Gains Sharing) che consiste nella distribuzione degli utili ai lavoratori in base ad una quota individuale di partecipazione.
Questo istituto, a differenza di quello che definiremo Cogestione non prevede normalmente una partecipazione organizzata alla direzione dell’impresa.
Diverso, anche perché sviluppato in un contesto politico molto diverso da quello attuale è il concetto di autogestione delle aziende proposto nel dopoguerra nell’allora Jugoslavia da Milovan Djilas Edvard Kardelj e Boris Kidric e fatta propria dal governo di quel paese.
Il sistema in quest’ultimo caso, non presupponeva una reale democratizzazione del sistema politico ed economico nel persistere di un sistema a partito unico che ignorava la libertà economica e d’impresa e dunque, non pare rapportabile alle attuali esigenze.
Attualmente ed in sintesi, si possono individuare almeno quattro differenti tipologie di partecipazione dei lavoratori all’azienda:
La prima, di cui parleremo, da intendersi quale cogestione, è la forma più attiva e significativa di partecipazione dei lavoratori all’azienda.
Il modello tedesco.
Il sistema di partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese trova le proprie origini nelle economie occidentali e principalmente in Germania.
Esso fonda le proprie radici nella Repubblica di Weimar (1919 – 1933) dove si cercò di realizzare l’eguaglianza capitale – lavoro sulla base di un patto sociale.
Era così riconosciuto ai lavoratori un ruolo centrale nell’ambito dei processi economici imprenditoriali mediante la possibilità di istituire “una rappresentanza legale nei consigli operai, nei consigli di distretto, nonché nel consiglio operaio nazionale.”
Su tale base, si instaurava un sistema a doppio canale di cui uno rappresentativo, sindacale e rivendicativo e l’altro partecipativo e gestionale soprattutto nelle grandi imprese definito “Mitbestimmung”.
Il sistema destinato a cadere con l’avvento del Nazionalsocialismo e con il secondo conflitto mondiale, riapparve e si stabilizzò alla fine della guerra attraverso l’approvazione di una serie di leggi federali.
Si evolvevano ed in parte confluivano parallelamente in tal modo il diritto societario, il diritto d’impresa e quello sindacale e del lavoro.
In tal modo tramite un doppio canale, i lavoratori partecipano alle decisioni della società attraverso due organi: il c.d. Consiglio di Fabbrica ed il c.d. Consiglio di Sorveglianza.
In particolare, il modello tedesco, noto come Mitbestimmung, è una vera e propria parte caratterizzante del sistema di relazioni industriali del paese.
Mitbestimmung può essere tradotto come “codeterminazione” e si riferisce ad una partecipazione paritaria di dipendenti, azionisti e dirigenti alla gestione della politica aziendale ed alle conseguenti decisioni.
In effetti, il modello tedesco prevede che l’economia e le strutture produttive lungi dal costituire esclusivamente un luogo di scontro di interessi configgenti tra capitale e lavoro, dessero invece vita ad una vera e propria “Gemeinschaft”, una “comunità” avente il fine comune di garantire benessere e prosperità per i suoi componenti.
La partecipazione dei lavoratori in Germania si compone di due livelli:
A sottolineare il valore e l’importanza della partecipazione dei lavoratori, lo stesso art. 9 del Grund Gesetz, la Carta costituzionale varata nel 1949, dispone l’ordinamento e la pacificazione del mondo del lavoro mettendo sullo stesso piano sia la contrapposizione degli interessi sia la volontà comune di collaborazione.
Per tale motivo, le società in Germania sono soggette alla Mitbestimmung (co-determinazione) se impiegano più di 500 dipendenti.
Come già accennato i lavoratori partecipano alle decisioni della società attraverso due organi: il c.d. Consiglio di Fabbrica ed il c.d. Consiglio di Sorveglianza.
Se il primo rappresenta i lavoratori nelle singole sedi aziendali ed è formato interamente da dipendenti, il secondo è invece un organo aziendale che fa capo alla sede centrale, composto per metà dai rappresentanti dei lavoratori e per metà dagli azionisti.
Il modello Volkswagen.
Il più noto modello di partecipazione dei lavoratori all’impresa è quello del Gruppo Volkswagen.
Uno dei punti di forza del modello Volkswagen è sicuramente l’elevato grado di percentuale di lavoratori iscritti al sindacato IG METALL, che rappresenta buona parte dei dipendenti.
Il modello di relazioni industriali del Gruppo Volkswagen è improntato sulla Carta dei diritti dei lavoratori che la multinazionale tedesca ha sottoscritto a livello globale e che prevede forme intense di coinvolgimento partecipativo in tutte le aziende che fanno capo al gruppo, anche nei paesi diversi dalla Germania.
Detta Carta definisce i diritti d’informazione e di partecipazione e si pone come obiettivo quello di instaurare un rapporto di reciproca fiducia e rispetto tra le parti.
Tra i molti principi contenuti nella Carta, che richiama nei contenuti e nei principi gran parte delle Convenzioni OIL stipulate, è interessante leggere come il Gruppo Volkswagen riconosca espressamente il diritto di contrattazione collettiva e che di conseguenza il Gruppo Volkswagen e i sindacati o le rappresentanze dei lavoratori conducano insieme un dialogo sociale, di cui le contrattazioni collettive rappresentano una particolare forma.
Il sistema tedesco di cogestione delle aziende ha interessato la Comunità Europea.
La Cogestione nelle politiche comunitarie.
Le istituzioni europee nel corso degli anni 70 pensarono di poter agevolmente introdurre nei singoli stati il modello partecipativo tedesco, ma ben presto si videro costrette a compiere dei passi indietro anche a causa della profonda diversità delle relazioni sindacali nei diversi stati europei.
In ogni caso, le istituzioni comunitarie continuavano nell’obiettivo del coinvolgimento dei lavoratori nella gestione delle imprese, cercando di avviare un processo volto ad uniformare le discipline dei singoli stati dal punto di vista del diritto societario e delle relazioni industriali mediante numerose direttive volte perlomeno ad agevolare l’introduzione del modello partecipativo presente in Germania.
Si arrivò però soltanto ad una serie di direttive volta ad introdurre a livello comunitario obblighi di informazione e consultazione in materia di relazioni industriali finalizzate a favorire la partecipazione del personale alla gestione delle imprese.
Il processo si protrasse sino alle direttive relative alla Società Europea ed ai Comitati Aziendali Europei che consolidarono dei principi minimi di informazione e partecipazione nelle aziende nazionali aventi rilevanza europea.
La Cogestione nell’ordinamento italiano.
Per quanto riguarda invece l’Italia, nel tempo vi sono stati forti resistenze alla diffusione delle forme partecipative e pertanto l’art. 46 della Carta Costituzionale deve considerarsi come una norma rimasta sostanzialmente inapplicata.
Il codice civile all’articolo 2349 prevede l’ipotesi di assegnazione degli utili ai prestatori di lavoro delle società, anche mediante l’emissione di speciali categorie di azioni.
Lo stesso articolo prevede inoltre la possibile attribuzione ai dipendenti di diritti patrimoniali ed amministrativi con esclusione del voto nell’assemblea generale riservato agli azionisti.
In particolare, deve essere ricordato il tentativo operato dalla c.d. “Riforma Fornero”, legge n. 92/2012, la quale aveva delegato il governo ad adottare uno o più decreti finalizzati a favorire le forme di coinvolgimento dei lavoratori nell’impresa, attivate attraverso la stipulazione di un contratto collettivo aziendale, nel rispetto di principi e criteri direttivi previsti dalla legge (art. 4 c. 62 legge n. 92/2012).
Tuttavia, anche tale intervento non ha trovato concreta e capillare attuazione.
A livello legislativo, il DLGS 11/2017 che tratta delle Imprese Sociali, il coinvolgimento dei lavoratori è indicato all’articolo 11 come elemento fondamentale e necessario.
Interessante nel dopoguerra ed anni successivi (1945 – 1971), il cosiddetto modello Olivetti, azienda nella quale era costituito un Consiglio di Gestione coinvolto nei processi industriali e di organizzazione del lavoro in un’azienda tanto radicata sul territorio, quanto proiettata sui mercati internazionali.
Conclusioni.
Oggi, anche grazie alle nuove sfide della digitalizzazione ed i recenti sviluppi dell’economia, con un passaggio a quella che è stata definita l’era della “condivisione” (sharing economy), potrebbero essere state gettate le basi per la revisione del modello conflittuale su cui, storicamente, si sono rette le relazioni industriali e dunque vi sarebbero concrete possibilità di un recupero dello strumento della partecipazione dei lavoratori all’impresa.
In effetti, con l’avvento della c.d. quarta rivoluzione industriale, uno degli effetti più rilevanti è stato quello di considerare non più la prestazione lavorativa nella sua mera esecuzione materiale, quindi come mera collaborazione passiva, strettamente legata alle mansioni assegnate al lavoratore bensì la necessità di una vera e propria partecipazione attiva da parte dei lavoratori nella generazione dei valori aziendali.
In effetti, il modello storico delle relazioni industriali è principalmente basato sulla forte asimmetria tra potere direttivo e dovere di collaborazione, fondato sulla prerogativa dell’imprenditore di dirigere l’azienda in coerenza al principio di libertà di iniziativa economica privata, considerando i rischi assunti esclusivamente a carico dell’impresa stessa.
Oggi, la possibilità di partecipazione dei lavoratori alle vicende d’impresa potrebbe da un lato attenuare gli effetti del disequilibrio in termini di condizioni di lavoro e, dall’altro, essere ulteriore strumento di eventuale modifica dell’esercizio del potere direttivo in una chiave maggiormente collaborativa, tenuto dovuto conto altresì dell’evoluzione ed attenuazione del concetto di subordinazione registratosi negli ultimi anni.
UNIONQUADRI sindacato dei quadri direttivi, professionisti e ricercatori delle aziende rivolge la propria attenzione agli importanti mutamenti che coinvolgono la tecnologia, l’economia ed il mondo del lavoro e si pone come tramite tra le fasce di lavoratori maggiormente professionalizzate e le direzioni aziendali in un’ottica di collaborazione nell’interesse dell’azienda intesa anche come comunità.
Ne deriva l’interesse di UNIONQUADRI per ogni forma utile di incontro tra interessi del lavoro e dell’impresa.
avv. Fabio Petracci