Comunicati Stampa

Pervenutoci da Cesare Damiano – Next Generation EU: verso una nuova èra (anche) per lavoro e occupazione.

Un’occasione come quella offerta dal programma Next Generation EU non si ripresenterà. È da questa consapevolezza che occorre partire per affrontare una nuova fase storica, nella quale centrale sarà la questione del lavoro e dell’occupazione connessa, com’è, alla domanda di beni e servizi. La stesura dei piani per assicurarsi i fondi del Next Generation EU deve seguire diversi drivers: dall’ammodernamento della Pubblica Amministrazione, alla capitalizzazione di imprese, spesso, troppo piccole, alla riprofessionalizzazione della forza lavoro, al sostegno dell’economia sostenibile e della digitalizzazione. Citando le parole di Keynes, se ci doteremo di una saggezza nuova, potremo aprire la strada di una nuova èra.

Negli anni 30 del XX Secolo, mentre si dedicava alla stesura della sua General TheoryJohn Maynard Keynes – come ricorda Giorgio La Malfa nella premessa alla edizione pubblicata nel 2019 – era impegnato nella ricerca di “una saggezza nuova per una nuova èra”. Ricorda La Malfa che “come negli anni in cui Keynes scriveva, l’ansia permea profondamente la nostra società con effetti sconvolgenti sugli equilibri sociali e politici”.

Quegli equilibri sono sottoposti in tutto il mondo a pressioni violente dalle conseguenze della pandemia scatenata dal Covid-19. Così, come per tutti, tale pressione investe anche il nostro Paese, che soffre, però, più di altri. Proprio nei giorni in cui l’epidemia dilagava in Italia, abbiamo pubblicato il Report “Cassa Integrazione Guadagni 2019” del Centro Studi della nostra Associazione Lavoro&Welfare. Quei dati contenevano un warning chiaramente definito. Dopo una diminuzione ininterrotta dal 2012 al 2018 con un calo dell’80,61% (da 1 miliardo di ore a 200 milioni), il 2019 aveva segnato una inversione di tendenza con una crescita nell’utilizzo della Cassa Integrazione del 20,20%. In pratica, rispetto al 2008, momento in cui esplode la crisi che segna il decennio successivo, in Italia, nel 2019, mancano all’appello quasi 2 miliardi di ore lavorate, che corrispondono a circa 1 milione e 200 mila lavoratori a tempo pieno. Il virus si abbatte dunque su una situazione, già di per sé, strutturalmente fragile.

Pochi giorni fa, il ministro dell’Economia, Gualtieri, pur prevedendo un rimbalzo del Pil nel terzo trimestre di quest’anno, ha affermato: “siamo prudenti perché già scontiamo un quarto trimestre di rallentamento rispetto a questo terzo trimestre” che lo stesso ministro qualifica come “impetuoso”. Perciò, diventa decisivo il piglio con il quale affronteremo la definizione dei piani italiani per il Recovery Fund europeo.
Ecco perché tornano alla mente, in questo passaggio che non è affatto eccessivo definire storico quanto decisivo, quelle parole di Keynes: abbiamo, davvero, bisogno di una saggezza nuova per una nuova èra. E per questo dobbiamo definire, in questa fase progettuale, una visione chiara e articolata. Keynes svolge i suoi ragionamenti negli anni della Grande Depressione caratterizzati da una elevata disoccupazione a fronte di un secco arretramento nell’utilizzo della capacità produttiva. L’affermazione di Keynes è che lo Stato debba intervenire con investimenti necessari perché gli attori del mercato possano tornare a garantire la piena occupazione. E, nella situazione attuale del nostro Paese, l’occupazione è un problema chiaramente centrale.
Fermiamoci un momento, perciò, sui dati relativi agli occupati nei primi sei mesi di questo 2020 elaborati dall’INPS. I datori di lavoro privati, nel periodo in esame, hanno attivato poco più di due milioni di assunzioni. Con una contrazione, rispetto allo stesso periodo del 2019, del 42%. Motivi scatenanti di tale riduzione sono l’emergenza Covid-19 e le restrizioni che ne sono conseguite. Ovviamente, in tale periodo, si è manifestata una forte caduta della produzione e dei consumi. Il calo delle assunzioni si è manifestato per tutte le tipologie contrattuali, con una forte accentuazione sui contratti a termine (stagionali, intermittenti, somministrati e a tempo determinato).
Fondamentale osservare il saldo annualizzato: parliamo della differenza tra i flussi di assunzioni e cessazioni negli ultimi dodici mesi. Quello che ci permette, cioè, di identificare la variazione tendenziale delle posizioni in essere alla fine del mese osservato rispetto al valore dello stesso mese dell’anno precedente. Ebbene, tale valore era in flessione progressiva già nel corso della seconda metà del 2019, a dimostrazione ulteriore del fatto che la crisi, in Italia, non è cominciata con la pandemia. Da osservare che le conversioni a tempo indeterminato di posizioni a tempo determinato sono 120mila in meno rispetto al 2019 e che i lavoratori autonomi diminuiscono di 219mila unità. Il terziario lascia sul terreno il 5,5% dei suoi occupati e il tasso di occupazione della fascia 15-34 anni è sceso al 39,1% in un panorama di oltre 2 milioni di disoccupati. Infine, l’occupazione per le donne cala di 2,2 punti in percentuale in confronto al -1,6% degli uomini.
Dunque, la questione del lavoro e dell’occupazione – connessa com’è alla domanda di beni e servizi – è centrale in questo complesso passaggio storico e deve far parte di un dibattito condotto con razionalità. È mia convinzione che gli strumenti di protezione sociale attivati in seguito al blocco dell’economia causato dal COVID siano stati giusti e opportuni. Senza di essi avremmo le strade piene di disoccupati. Oggi deve partire una nuova fase, perché un Paese non può vivere di sussidi.
La stesura dei piani per assicurarsi i fondi del Next Generation EU deve rispondere seriamente ai deficit strutturali emersi da tempo nel nostro Paese. Si devono ammodernare e rendere assai più agili, in primo luogo, la Pubblica Amministrazione e la Giustizia. Ma si deve anche rimodellare proprio quel tessuto produttivo fatto di imprese troppo piccole e sotto-capitalizzate. Si deve adeguare la formazione sia dal punto di vista dell’istruzione scolastica, sia sul piano della acquisizione continua di nuovi skills per riprofessionalizzare la forza lavoro operativa come quella in cerca di occupazione; quest’ultima va accompagnata con politiche attive finalmente energiche e ben organizzate. Economia sostenibile ed energie rinnovabili, digitalizzazione, mobilità, infrastrutture materiali e digitali devono essere i perni di un nuovo sviluppo di catene del valore.
Nelle prossime settimane tutti gli sforzi di elaborazione – cui è indispensabile il contributo delle forze produttive – dovranno puntare alla definizione di obiettivi chiari e al disegno di un numero limitato di indispensabili azioni strutturali come, d’altronde, già fatto da Germania e Francia. Con la consapevolezza che un’occasione come quella offerta dal programma Next Generation EU non si ripresenterà. Se ci doteremo di una saggezza nuova, potremo aprire la strada di una nuova èra.

CIU rinnovata al CESE a Bruxelles.

CIU rinnovata al CESE – Comitato Economico e Sociale Europeo – a Bruxelles per il prossimo quinquennio 2020 – 2025.

Auguri di buon lavoro al nostro rappresentante Prof. Maurizio Mensi!

Poste, da Antitrust multa da 5 milioni per raccomandate ingannevoli.

Per il Garante il comportamento di Poste provoca danni non solo ai consumatori, ma anche al sistema giustizia del Paese.

Multa da 5 milioni di euro al gruppo Poste Italiane, accusato di condotte ingannevoli nella gestione del servizio. L’Antitrust ha irrogato la sanzione massima consentita dalla legge anche se non deterrente in rapporto al fatturato del gruppo pari nel 2019 a 3,492 miliardi di euro, «per aver adottato una pratica commerciale scorretta in violazione del Codice del Consumo, consistente nella promozione, risultata ingannevole, di caratteristiche del servizio di recapito delle raccomandate e del servizio di Ritiro Digitale delle raccomandate». Lo comunica l’Autorità in una nota. Per il Garante il comportamento di Poste provoca danni non solo ai consumatori, ma anche al sistema giustizia del Paese.

In particolare, l’Autorità ha accertato che il tentativo di recapito delle raccomandate non viene sempre esperito con la tempistica e la certezza enfatizzate nei messaggi pubblicitari, venendo, peraltro, frequentemente effettuato con modalità diverse da quelle prescritte dalla legge. Infatti, Poste Italiane talvolta utilizza per comodità il deposito dell’avviso di giacenza della raccomandata nella cassetta postale anche quando sarebbe stato possibile consegnarla nelle mani del destinatario. Al riguardo, numerosissimi risultano essere i reclami dei consumatori che hanno segnalato il mancato tentativo di consegna delle raccomandate, anche quando avevano la certezza di essere stati presenti nella propria abitazione (si pensi ad esempio alle persone costrette a casa in quanto portatrici di handicap o per l’emergenza sanitaria durante il lockdown).

La conseguenza di detti comportamenti in relazione ai quali Poste Italiane non ha adottato le dovute misure di controllo e correttive – informa l’Antitrust in una nota – provoca un inammissibile onere a carico dei consumatori costretti a lunghe perdite di tempo e di denaro per poter ritirare le raccomandate non diligentemente consegnate.

L’Autorità ha, altresì, accertato la sussistenza di omissioni informative anche nei messaggi pubblicitari di promozione del servizio di ritiro digitale delle raccomandate, in quanto non viene chiarito che tale servizio è utilizzabile per i soli invii originati digitalmente. Le condotte descritte provocano, inoltre, gravi danni al sistema giustizia del Paese per i ritardi dovuti ad errate notifiche nell’espletamento dei processi, soprattutto quelli penali, con conseguente prescrizione di numerosi reati, come più volte affermato nelle Relazioni Annuali sullo stato della giustizia citate nel provvedimento.

Data l’estrema gravità e frequenza della pratica ed i notevolissimi danni arrecati ai consumatori, la sanzione è stata irrogata nella misura massima. Tuttavia, la medesima non risulta deterrente in rapporto al fatturato specifico generato da Poste Italiane nel solo anno 2019 pari a 3,492 miliardi di euro. Al riguardo, non è stata ancora recepita nell’ordinamento nazionale la Direttiva Europea 2019/2161 che fissa il massimo edittale della sanzione irrogabile al 4% del fatturato annuo.

Consumatori: su Poste vittoria utenti, ora ristori

«Una vittoria dei consumatori»: così l’Unc (Unione nazionale consumatori) commenta la decisione dell’Antitrust che ha irrogato una multa da 5 milioni di euro a Poste italiane sul servizio delle raccomandate. Dello stesso avviso il Codacons, che ora chiede “un incontro urgente” ai vertici delle Poste per “studiare forme di indennizzo in favore degli utenti danneggiati”. “Sono state accolte le tante denunce sulle anomalie nella consegna delle raccomandate segnalate in tutta Italia dagli utenti”, afferma il presidente del Codacons, Carlo Rienzi: “Una pratica scorretta quella di Poste che ha prodotto un palese danno materiale ad una moltitudine di soggetti, che – sostiene – ora devono essere risarciti”. E’ “un’ottima notizia”, afferma il presidente dell’Unc, Massimiliano Dona. Però “purtroppo, come ammette la stessa Antitrust, per colpa del legislatore è una vittoria parziale. Da sempre chiediamo di togliere il tetto alle multe di tutte le Authority e di prevedere che le sanzioni siano sempre, per legge, superiori all’illecito guadagno, altrimenti non potranno mai avere alcun effetto deterrente”.

CIU NELLA CONSULTA NAZIONALE PER LA SICUREZZA STRADALE E PER LA MOBILITÀ SOSTENIBILE – SICUREZZA STRADALE, UN DDL PER RENDERE OBBLIGATORIO L’ALCOL-LOCK

Una proposta di legge per introdurre limitazioni all’utilizzo dei veicoli a motore da parte di soggetti già condannati per il reato di guida in stato di ebbrezza che prevedono l’installazione, sul mezzo usato, di un dispositivo, l’alcol-lock, che impedisca la messa in moto qualora si rilevi un tasso alcolemico superiore ai limiti di legge consentiti.

E’ quanto prevede un disegno di legge del CNEL dal titolo: “Modifiche agli articoli 125 e 186 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e successive modificazioni, concernenti un dispositivo di blocco da installare sui veicoli in uso ai soggetti condannati per guida in stato di ebbrezza”, approvato dall’Assemblea nell’ultima seduta prima della pausa estiva, relatore il consigliere Gian Paolo Gualaccini, coordinatore della Consulta Nazionale per la Sicurezza Stradale e la Mobilità Sostenibile del CNEL, e già annunciato nelle Aule di Senato e Camera (Atto Senato n. 1907, Atto Camera n. 2623).

Lo scopo della proposta, nata nella Consulta Nazionale, che non comporta oneri aggiuntivi per le casse dello Stato dal momento che installazione e manutenzione del dispositivo sono a carico del soggetto sanzionato, è quello di prevedere che, chi viola la disposizione, sia oggetto di una specifica prescrizione per la guida che andrebbe resa esplicita sulla patente come previsto dalla vigente normativa europea. Le caratteristiche del dispositivo di blocco da utilizzare e le modalità di montaggio saranno definite con decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, da approvarsi entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge.

“L’alcol-lock è un efficace strumento di prevenzione dell’incidentalità stradale alcol-correlata già sperimentato positivamente in altri Paesi tra cui Belgio, Francia, Danimarca e Polonia – dice Gualaccini – Negli ultimi anni secondo l’Istat si è registrato un aumento dei casi per la guida sotto l’effetto di alcol, passati da 1,2 ogni 100 incidenti nel 2001 a 3,9 nel 2018. In crescita, anche nel 2019, le sanzioni per guida in stato di ebbrezza. Approvando questo disegno di legge, l’Italia si metterebbe al passo degli altri Stati europei in fatto di sicurezza stradale. In base al regolamento comunitario 2019/2144/UE (art. 6 lettera b), il dispositivo di alcol-lock sarà comunque obbligatorio, a partire da luglio 2024 per tutte le nuove immatricolazioni di veicoli”.

Scarica il disegno di legge del Cnel sull’Alcol-lock

Catalfo, piano in 4 punti: meno ore a parità di salario e staffetta generazionale.

Il rimbalzino dell’occupazione fa piacere al governo, ma non lo illude che la situazione si possa aggiustare da sé. Troppo profonde le ferite che la pandemia ha inferto al mercato del lavoro e grandi le trasformazioni richieste. «Siamo consci che molto resta da fare», dice la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo (5 Stelle). Si tratta di sostituire gli interventi tampone con misure strutturali. Serviranno tanti soldi. Per questo il governo ha subito chiesto i prestiti Ue del programma Sure. All’Italia arriveranno 27,4 miliardi. Ma non basteranno neppure a coprire la spesa per ammortizzatori e bonus del 2020, stimata in 30 miliardi. Catalfo sta quindi preparando un piano in 4 punti in vista del Recovery plan che il governo presenterà a Bruxelles il 15 ottobre per accedere ai 209 miliardi tra prestiti e trasferimenti che spetterebbero all’Italia. Un piano ambizioso, che punta ad ottenere almeno 20-25 miliardi, ma che rischia di entrare in rotta di collisione con la Confindustria, per esempio su temi spinosi come la riduzione, in determinati casi, dell’orario a parità di salario e la staffetta generazionale. E non mancheranno tensioni nella maggioranza e con il Tesoro, che ancora non ha ricevuto le proposte della ministra.

Il Fondo nuove competenze

Il primo dei 4 capitoli del piano Catalfo riguarda le Politiche attive e la formazione. Obiettivo: «Traghettare le transizioni occupazionali». Aiutare cioè chi perderà il lavoro in settori colpiti dalle conseguenze della pandemia a trovare posto nei nuovi lavori, in particolare nel digitale e nell’economia green. Base di partenza è il «Fondo nuove competenze» del decreto Rilancio, potenziato col dl Agosto. Per ora ci sono a disposizione «solo» 730 milioni per il biennio 2020-2021, per finanziare, con accordi tra le parti, la destinazione di una quota di orario alla formazione per la ricollocazione, senza riduzioni di salario. Catalfo punta a rafforzare sia questa misura sia forme contrattuali di solidarietà espansiva: cioè taglio dell’orario eventualmente compensato sulla retribuzione dallo Stato a patto che l’azienda aumenti l’organico. L’idea — se ne parla in Germania, con la proposta della settimana di 4 giorni — è quella, cara ai sindacati, di lavorare meno lavorare tutti. Senza costi per le imprese e a parità di retribuzione. Esperimento mai riuscito. Il secondo capitolo è la riforma degli ammortizzatori sociali su due strumenti: uno di protezione temporanea per i lavoratori di aziende con prospettive e uno per chi invece perde il lavoro, ma condizionato alla partecipazione alle attività di ricollocamento, da potenziare. Il terzo capitolo prevede incentivi alle assunzioni delle donne: percorsi formativi ad hoc; rafforzamento degli asili, dell’assistenza per i non autosufficienti e dei congedi parentali per sostenere le lavoratrici madri; incentivi per le imprese che riducono le differenze di retribuzione tra uomini e donne. Infine, l’occupazione giovanile: potenziamento dell’apprendistato e del sistema duale per rafforzare il collegamento tra scuola e impresa e la staffetta generazionale incentivata per favorire il ricambio tra lavoratori anziani e giovani. Anche questo un esperimento mai riuscito.

Scomparsa di Cesare Romiti.

La scomparsa di Cesare Romiti riporta per noi CIU-Unionquadri alla costante memoria del14 ottobre 1980, data della famosa marcia dei quarantamila che portò per la prima volta a manifestare i colletti bianchi, impiegati, quadri, contro i picchettaggi che da 35 giorni impedivano di entrare in fabbrica al lavoro. Manifestazione cui Romiti dette il suo placet ed il suo appoggio comprendendone da subito il significato politico. Il corteo “silenzioso” che attraversò Torino segnò la svolta nelle relazioni sindacali modificandole profondamente con il cambiamento dei rapporti tra sindacato, imprenditoria, politica e dell’intero quadro sociale.  Dopo tanti anni la CIU-unionquadri con la sua ininterrotta presenza al CNEL, presidia ancora la tutela degli interessi della categoria e delle problematiche che si presentano con le trasformazioni del mondo del lavoro in continua evoluzione.

Gabriella Ancora

Presidente Nazionale CIU