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TREU: È SALTATO PATTO GENERAZIONALE, PER GIOVANI FUTURO INCERTO.

“Il Paese è in condizioni migliori rispetto al dicembre 2020, le debolezze del nostro mercato del lavoro, accentuate dalla pandemia risultano in parte superate.

Tutti i dati, anche qui presentati, mostrano segnali di una ripresa economica consistente, anzi superiore alle aspettative e alle medie europee, resta tuttavia molta strada da fare per recuperare i posti di lavoro perduti soprattutto da donne e giovani ma sono certo che i comparti della ‘green’ e ‘white’ economy spalancheranno le porte a nuove professionalità, incentivando l’occupazione e rivitalizzando l’economia.

Le professionalità necessarie per la transizione ecologica, le professioni sociali e sanitarie, i servizi alla persona e di educazione conosceranno un exploit e il  Piano di Ripresa e resilienza,  genererà occasioni di acquisizione di nuove competenze anche nei settori dell’agricoltura (brown jobs) e delle professioni digitali (orange jobs)”.

Lo ha affermato il presidente del CNEL, Tiziano Treu, introducendo il XXIII Rapporto sul mercato del lavoro e la contrattazione collettiva 2021 del CNEL, presentato oggi nel corso di un’Assemblea straordinaria del Parlamentino di Villa Lubin, alla presenza del segretario generale Mauro Nori, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali Andrea Orlando; del Director for Employment, Labour and Social affairs, OCSE Stefano Scarpetta; dell’Head of Unit ad interim for Social policies Eurofund, Massimiliano Mascherini, e della consigliera CNEL e docente dell’Università di Roma Tre, Silvia Ciucciovino, che ha moderato il dibattito con le organizzazioni rappresentate al CNEL.

Il Rapporto sul mercato del lavoro si apre con un’analisi dello scenario e dell’impatto dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Il capitolo 2 è dedicato alle prospettive di nuova stagione per le politiche attive del lavoro tra azioni dell’Unione Europea e riforme nazionali. Nel capitolo 3 focus sul lavoro delle nuove generazioni e nel 4 sulla formazione. Il capitolo 5 è una delle grandi novità della nuova edizione del Rapporto che da spazio al lavoro libero professionale. L’altro contenuto innovativo è il capitolo 12 in cui per la prima volta in Italia si sviluppa un’analisi sul lavoro delle persone private della libertà personale.

“Non dobbiamo attendere la fine dell’emergenza per affrontare il tema della precarietà o ci saranno corollari previdenziali e sociali che rischiano di essere irrecuperabili” ha affermato il Ministro del lavoro e delle politiche sociali Andrea Orlando, poi sulla situazione dei contratti ha aggiunto: “la contrattazione va fatta funzionare altrimenti la strada è quella del salario minimo”.

Il documento del CNEL poi analizza l’impatto degli incentivi all’occupazione (capitolo 6), la proposta europea per “salari minimi adeguati” nella prospettiva dell’ordinamento italiano (7), la contrattazione decentrata ai tempi della pandemia da Covid 19 (8), le misure di sostegno al reddito nel 2021 fra emergenza Covid e ripresa economica (9) e il reddito di cittadinanza e reddito di emergenza (10). Il capitolo 11 è dedicato allo sviluppo della sanità integrativa e la risposta dei fondi sanitari alla pandemia da Sars-CoV2 mentre il 13, altra analisi innovativa, è sui green jobs, i lavori legati al Green Deal Europeo. Chiude il rapporto l’aggiornamento a dicembre 2021 dei numeri dell’Archivio nazionale dei contratti collettivi di lavoro.

“Le forme di lavoro precario, come il part-time involontario e i contratti a termine sono diffuse ed elevate. Qui i caratteri negativi non consistono solo nella quantità di lavori temporanei, ma nella loro spesso brevissima durata che impedisce ogni prospettiva di sviluppo, e per altro verso nelle ridotte possibilità di trasformarli in contratti a tempo indeterminato o nei tempi lunghi della possibile trasformazione. Questo è un segno drammatico della incertezza delle prospettive che pesa anche sulle imprese disponibili ad assumere. Per contrastare queste forme di precarietà possono essere solo parzialmente utili i vari tipi di incentivi alla stabilizzazione, anche più durevoli e mirati di molti disposti in passato”, ha aggiunto Treu.

Lo scenario

La crisi sanitaria ha colpito in modo asimmetrico settori e imprese, penalizzando particolarmente in una prima fase soprattutto i settori a prevalenza femminile, come il commercio. Tuttavia, nonostante le maggiori difficoltà in termini di conciliazione, soprattutto per le lavoratrici con figli piccoli nel periodo della didattica a distanza, il sistema degli ammortizzatori sociali, e la diffusione del lavoro da remoto sono riusciti a contenere le perdite occupazionali, per cui nel complesso i divari di genere in termini di livelli occupazionali sono rimasti relativamente stabili. Difficoltà maggiori per le madri che, a causa della chiusura delle scuole, sono dovute rimanere a casa ad accudire i figli, rinviando le decisioni di partecipazione al momento di superamento della pandemia e per i giovani. I più giovani hanno difatti registrato il calo occupazionale più marcato nelle prime fasi della crisi; tuttavia, proprio grazie alla veloce risalita del lavoro a termine verificatasi negli ultimi mesi, gli occupati più giovani hanno registrato nella prima parte dell’anno una dinamica molto positiva. Confrontando il secondo trimestre 2021 con il quarto trimestre del 2019, le persone con un titolo di studio universitario presentano l’evoluzione meno sfavorevole, (+60 mila, pari ad una crescita dell’1.1%). Gli effetti della crisi hanno colpito in misura maggiore i diplomati, tra i quali il numero di occupati è ancora inferiore dell’1.7% a quello del quarto trimestre 2019 (-184 mila), e soprattutto i lavoratori con al massimo la licenza media, per i quali i livelli occupazionali sono ancora inferiori di quasi 300 mila unità nel periodo considerato, pari ad una contrazione del 4.1%; in entrambi i casi, peraltro, la caduta di occupazione è stata accompagnata da un marcato aumento degli inattivi.

Una delle eredità che sembrano affermarsi dopo la crisi del Covid-19 è l’aumento del già ampio numero di lavoratori potenziali che hanno difficoltà a inserirsi nei circuiti produttivi, mentre al contempo le ampie oscillazioni dell’attività economica, e conseguentemente della domanda di lavoro, prodottesi a seguito della pandemia, hanno determinato problemi di scarsità di manodopera in diverse imprese che si sono ritrovate nella necessità di ampliare gli organici in tempi rapidi, eventualmente anche a seguito della riduzione attuata nei mesi precedenti.

I contratti

Il dato senza dubbio più eclatante che emerge dal Rapporto e che connota da anni l’evoluzione delle relazioni industriali nel nostro Paese è la continua crescita del numero di contratti collettivi di lavoro. Si tratta di un fenomeno che si registra senza sosta da almeno un decennio, e che è puntualmente documentato dall’attività di deposito in copia autentica presso l’archivio del CNEL. Studiare un fenomeno che appare patologico è rilevante dati il ruolo svolto dalla contrattazione collettiva di lavoro nel nostro Paese e la stretta integrazione fra disposizioni legislative e norme contrattuali nella disciplina dei diversi istituti.

A dicembre 2021 risultano depositati al CNEL 933 contratti collettivi nazionali di lavoro vigenti per i lavoratori del settore privato. Rispetto ai dati rilevati un anno fa, l’incremento appare vistoso: ben 77 CCNL, pari a un +9%. Vi sono settori più dinamici di altri; gli incrementi percentuali maggiori

si registrano nei settori contrattuali “chimici” (+38%), “lavoro domestico” (+22%), “istruzione, sanità, assistenza, cultura, enti” (+17,5%). L’unico settore contrattuale in cui il numero di contratti nell’anno in esame si è ridotto è “edilizia, legno, arredamento” (-6,6%).

Tale fenomeno è coerente con i sacrosanti principi di libertà sindacale, di autodeterminazione della categoria contrattuale e, più estesamente, di pluralismo associativo, costituendo la piena realizzazione di quanto disposto dall’articolo 39, comma 1, della Costituzione. Si pongono tuttavia problemi che non possono essere ignorati e che derivano proprio dall’elevato numero di fonti collettive deputate a regolare i rapporti di lavoro, che in linea teorica non sarebbe necessariamente negativo qualora generasse effetti concorrenziali virtuosi. Il guaio è che gli effetti concorrenziali

agiscono soprattutto al ribasso. La pluralità di fonti collettive e l’ampliamento dell’offerta di regole che disciplinano il rapporto di lavoro possono diventare il mercato dove “fare shopping” per ridurre il costo del lavoro.

Più di un terzo dei contratti depositati sono sottoscritti da organizzazioni non rappresentate al CNEL, anche se questi contratti risultano applicati a un numero davvero ridotto di lavoratori. 353 CCNL su 933 (pari al 38%) sono sottoscritti da firmatari datoriali e sindacali non rappresentati al CNEL, ma tali contratti risultano applicati a 33 mila lavoratori su oltre 12 milioni (si tratta di circa lo 0,3%).

I 128 contratti collettivi sottoscritti da soggetti datoriali e sindacali rappresentati al CNEL, pari al 14% dei CCNL vigenti, riguardano poco più di 10 milioni e 660 mila lavoratori, circa l’87% del totale dei lavoratori oggetto delle denunce. Si registrano, infine, 450 contratti sottoscritti da organizzazioni sindacali rappresentate al CNEL e da organizzazioni datoriali non rappresentate al CNEL (pari al 48% del totale).

Giovani

Al quadro demografico, che mette in evidenza come l’accentuata denatalità abbia drammatici effetti quantitativi sulle coorti di trentenni e ventenni, si associa la debolezza dei percorsi formativi, che pone l’Italia in cima alle classifiche europee per il maggior guadagno in termini di occupazione che deriverebbe da una migliore formazione e da un più efficiente utilizzo del capitale umano. Un gender gap fra i più elevati fra le economie mature, fra le più basse in Europa la quota di quindicenni in possesso di competenze considerate indispensabili per un solido percorso di vita nel XXI secolo, una delle più basse incidenze di laureati e una delle più elevate quote di cittadini fra i 18 e i 24 anni privi di titolo di scuola secondaria superiore (quest’ultimo dato fermo sui livelli del 2008). Il nostro rapporto richiama la necessità di rendere pienamente operativi questi strumenti, di rafforzare e aggiornare il programma garanzia giovani anche alla luce delle indicazioni europee, di far funzionare i nuovi strumenti di politica attiva predisposti dal PNRR e dalla legge di bilancio.

Aumento precari

Una delle eredità che sembrano affermarsi dopo la crisi del Covid-19 è l’aumento del già ampio numero di lavoratori potenziali che hanno difficoltà a inserirsi nei circuiti produttivi, mentre al contempo le ampie oscillazioni dell’attività economica, e conseguentemente della domanda di lavoro, prodottesi a seguito della pandemia, hanno determinato problemi di scarsità di manodopera in diverse imprese che si sono ritrovate nella necessità di ampliare gli organici in tempi rapidi, eventualmente anche a seguito della riduzione attuata nei mesi precedenti.

Il lavoro sarà sempre più green

Dall’analisi condotta per il Rapporto 2021 emerge che l’incidenza di lavoratori full green è concentrata in public utilities (30%) e nelle costruzioni, dato in linea anche in Italia con i risultati ottenuti dall’analisi sull’applicazione del concetto europeo di Environmental Economy (Commissione Europea, 2020d).  Altresì, le professioni hybrid green sono concentrate in edilizia (45%), nei servizi sociali privati (10.5%) e in manifattura (9.1%).

Lavoro e pena

In questi giorni decine di detenute e detenuti sono impegnati in laboratori dolciari e di cioccolateria in vista del Natale e delle festività. Sono solo alcune delle attività che vedono impegnato chi deve scontare una pena con contratti di lavoro veri e propri su cui, per la prima volta, il CNEK accende le luci. Superata la storica distinzione tra lavoro intramurario ed extramurario, il lavoro negli Istituti Penitenziari si distingue oggi in lavoro alle dipendenze dell’Amministrazione Penitenziaria e alle dipendenze di datori di lavoro esterni, per questi ultimi sia all’interno dell’istituto penitenziario che all’esterno. I detenuti che lavorano hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri dei lavoratori liberi. Percepiscono una remunerazione molto simile a quello dei lavoratori in stato di libertà (è pari ai 2/3 di quanto stabilito dai contratti collettivi nazionali di lavoro), hanno diritto alle ferie remunerate, alle assenze per malattia e il datore di lavoro paga per essi i contributi assistenziali (assicurazione sanitaria) e pensionistici. Dal 1° ottobre 2017 sono entrati in vigore gli adeguamenti ai 2/3 dei CCNL stabiliti dalla commissione prevista nella formulazione dell’art. 22 precedente alle modifiche del 2018, che hanno comportato, decorrendo dal 1994, un aumento delle retribuzioni di circa l’80%.

Su una popolazione carceraria di circa 54.000 detenuti, i  detenuti lavoranti alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria sono 15.827 unità, pari  al 30% dei presenti, impiegati in attività di tipo domestico relative alla gestione quotidiana dell’istituto (pulizie, facchinaggio, preparazione e distribuzione dei pasti, interventi di piccola manutenzione, ecc.), in attività di tipo industriale, presso laboratori e officine presenti all’interno degli istituti (falegnamerie, officine fabbri, sartorie, tessitorie, tipografie, ecc.) oppure in attività di tipo agricolo, presso le colonie agricole dell’amministrazione (per coloro che abbiano particolari requisiti) o presso tenimenti agricoli presenti in alcuni istituti. Assunti alle dipendenze di datori di lavoro esterni sono 2.130 detenuti, di cui 937 prestano la loro attività all’interno del carcere, i restanti lavorano all’esterno e rientrano la sera in carcere.

Formazione

Quella della formazione è una delle urgenze maggiori del mercato del lavoro. I bassi livelli di qualifiche dei lavoratori italiani, accompagnati dal persistere di popolazione in età da lavoro senza appropriati titoli di studio (LFS-Eurostat, 2020) evidenziano, infatti, come occorra investire molto in formazione, certamente durante tutto il percorso della vita di un individuo, ma con una attenzione particolare alla formazione continua, aspetto di cui gli attuali provvedimenti poco discutono. Se è infatti vero che le politiche attive del lavoro debbano integrarsi con quelle formative per facilitare l’ingresso al mondo del lavoro, solo una azione funzionale alla formazione periodica e ricorrente dei lavoratori può garantire un upskilling e un reskilling utili alla maggiore competitività delle PMI italiane. Un obiettivo prioritario è di fornire una formazione digitale di base alla maggioranza degli adulti (l’80% secondo l’Action plan europeo), essenziale per non subire un digital divide che inciderebbe ulteriormente sulle diseguaglianze e sulla esclusione delle persone più deboli. Si tratta di un impegno dì dimensioni pari alla alfabetizzazione della popolazione attuata in Italia con la scuola media unica. In parallelo la formazione continua nel corso della vita dovrà essere estesa alla maggioranza dei lavoratori (il 60% ogni anno secondo l’Action plan europeo) come condizione per aggiornare le loro competenze alla evoluzione tecnologica e organizzativa che investirà le imprese. Per raggiungere questi obiettivi non basta aumentare le risorse, come fa opportunamente il PNRR; è necessario adeguare le strutture della formazione, a cominciare dalla loro organizzazione ancora spesso ispirata a modelli fordisti, le modalità dell’apprendimento, nonché la preparazione e la cultura stessa dei docenti.

Scarica e leggi il Rapporto Mercato del Lavoro e contrattazione (versione provvisoria)

IL 21 DICEMBRE PRESENTAZIONE DEL XXIII RAPPORTO SUL MERCATO DEL LAVORO E LA CONTRATTAZIONE DEL CNEL.

Il 2021 è stato un altro anno segnato dalle conseguenze globali della crisi da covid-19, che hanno avuto un impatto significativo anche sul mercato del lavoro. È l’anno in cui è stato siglato anche il nuovo contratto collettivo nazionale dei metalmeccanici, un segnale importante per tutti i lavoratori.

Le peculiarità della crisi, e le specificità delle misure di politica economica introdotte, hanno condizionato la relazione fra ore lavorate e numero di occupati, nonché le decisioni di partecipazione dei lavoratori al mercato del lavoro. In particolare, nei paesi dove sono state rafforzate le dotazioni finanziarie degli schemi di lavoro a orario ridotto, come nella maggior parte delle economie dell’eurozona (ad esempio la Cig in Italia e la Kurtzarbeit in Germania), anche nella fase più dura della crisi si è registrata una caduta dell’occupazione relativamente contenuta, e decisamente meno pronunciata rispetto a quella registrata in termini di ore lavorate.

Sono alcuni elementi che emergono dal “Rapporto sul Mercato del lavoro e la contrattazione 2021” del CNEL che sarà presentato martedì 21 dicembre alle ore 11 nell’ambito di un’assemblea tematica in presenza e in collegamento telematico presieduta dal Presidente Tiziano Treu in cui sarà illustrato il documento. Sono previsti gli interventi del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Andrea Orlando, di Massimiliano MascheriniHead of Unit ad interim for Social Policies Eurofound e di Stefano Scarpetta, Director, Employment, Labour and Social Affairs OECD.

Seguirà un dibattito con le organizzazioni rappresentate al CNEL coordinato da Silvia CiucciovinoConsigliera CNEL e Università Roma Tre.

Nel documento, articolato in 14 capitoli e giunto alla 23a edizione, quest’anno spazio ad analisi sulla formazione continua e sugli occupati low-skilled, sul lavoro libero professionale, sul salario minimo europeo, sul reddito di cittadinanza e il reddito di emergenza e sullo sviluppo della sanità integrativa e la risposta dei fondi sanitari alla pandemia. Due novità: un capitolo affronta per la prima volta un tema di nicchia, il lavoro in esecuzione penale in Italia, mentre una analisi approfondita riguarda le nuove forme di lavoro che saranno attivare grazie al Green Deal europeo.

Contratto postali, delivery e logistica: CIU e Assopostale ne discutono al CNEL.

Si è svolto stamane, nell’elegante cornice della Sala del Parlamentino del CNEL, un momento di sintesi e confronto sul Contratto collettivo per le imprese del settore postale, logistica e delivery.

Ad organizzare la giornata la CIU-Unionquadri, il sindacato maggiormente rappresentativo della categoria dei Quadri, presente all’interno del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (oltre che al Comitato Economico e Sociale Europeo a Bruxelles), e Assopostale, l’associazione di operatori postali privati fondata nel 2016 da Citypost (Ora Sailpost) e Express Group.

A discutere dei prossimi sviluppi del settore Gabriella Àncora, Presidente nazionale di CIU-Unionquadri, e Alessandro Del Frate, Segretario Generale di Assopostale e il Vicepresidente della medesima associazione Daniel Giovannetti. Al centro del confronto il futuro del settore della logistica, in un momento storico in cui, in virtù anche delle dinamiche innescate dall’emergenza sanitaria ancora in corso, è emersa la grande strategicità di un comparto, non a caso definito come “la spina dorsale dell’Italia”.

Al centro della giornata anche il futuro dei lavoratori impegnati nei settori postali, delivery e logistica che, tra corrieri e autotrasportatori, impiega circa 1 milione di lavoratori. “La recente pandemia ha messo in evidenza l’importanza di questi reparti, il cui impegno e dedizione hanno garantito agli italiani di continuare a svolgere le proprie attività nonostante le molte restrizioni dovute alla pandemia, grazie alla puntuale consegna di prodotti, derrate e merci. Per questo appare urgente iniziare da subito ad operare per la riforma del contratto collettivo nazionale e realizzare gli interventi necessari affinché le nuove regole siano in linea con il futuro che ci attendeha dichiarato a margine dell’incontro il Segretario generale di Assopostale Del Frate.

Il contributo dato dai lavoratori della filiera della delivery, negli ultimi due anni, è stato prezioso e innegabile, un settore che si è rapidamente adattato alla moltiplicazione vorticosa degli ordini online e delle consegne a domicilio. Appare ormai assodato come le prestazioni logistiche siano strettamente collegate alla crescita economica dell’intero Paese. Per questo è necessario concentrarsi, adesso, sulle regole contrattuali a tutela dei lavoratori, perchè sono stati e saranno sempre loro, con la loro professionalità, a permettere all’intera nazione di mitigare gli effetti devastanti e contingenti di questo ultimo periodoha fatto eco il Presidente Àncora.

L’incontro è stato utile per richiamare l’attenzione su alcuni elementi di novità che interessano il settore: lo smart time, istituto contrattuale che consente di conciliare la flessibilità di orario con il contratto a tempo indeterminato, nonché sulla nuova proposta di direttiva che dovrebbe disciplinare la natura dei rapporti di lavoro su piattaforme informatica” ha sottolineato Liano Capicotto, docente della Link Campus di Roma e componente di CIU-Unionquadri.

Da diverso tempo, all’interno del dibattito del CNEL, il futuro del mercato postale nazionale ha trovato sempre maggiore spazio, soprattutto in relazione alla trasformazione digitale dei nuovi modelli di business e ai nuovi rapporti di lavoro. Tra i prossimi argomenti su cui porre attenzione, emersi anche nella discussione di oggi, dunque, le opportunità – ma anche le sottesi criticità – legate agli effetti dell’innovazione sulle prestazioni logistiche. Le sfide più imminenti riguarderanno l’introduzione di soluzioni sempre più robotizzate e meccanizzate all’interno dei processi gestionali, con un doveroso bilanciando tutto da definire, stretto tra gli indubbi benefici industriali e l’attenzione verso i lavoratori, evitando per loro tutti gli aspetti pregiudizievoli che possono derivare dall’automazione dei nuovi modelli produttivi e il rischio – sempre più concreto – di un nuovo luddismo.

Anche l’Avv. Fabio Petracci, Vice presidente della CIU-Unionquadri, ha sottolineato l’importanza della proposta di direttiva comunitaria che dovrebbe disciplinare il lavoro su piattaforme, elemento legislativo finora assente ma di cui si avverte tutta l’urgenza di una presenza nel contesto europeo.

La Stampa: Intervista a Tiziano Treu – “Bene fissare linee guida il fenomeno non si può ingabbiare con una legge”

Presentato al Cnel il Polo Campano dell’Elettronica sostenibile.

Si è tenuto lunedì 29 novembre, presso la sala Parlamentino del Cnel la presentazione del Polo Campano dell’Elettronica Sostenibile, che punta al rilancio dell’elettronica e nella creazione di valore economico per il territorio casertano, anche in seguito alla chiusura degli stabilimenti di realtà storiche del territorio. Nel corso della mattinata si è tenuto un confronto tra aziende e istituzioni, che ha visto gli interventi del Presidente del Cnel Tiziano Treu, dell’On. Piero De Luca, e di Silvio Salini, Presidente Collegio Sindacale SACE alla presenza delle aziende coinvolte e delle Rappresentanze Sindacali.

“Non posso che salutare con favore la presentazione del Polo dell’Elettronica Sostenibile della Campania – ha dichiarato l’On. De Luca – un’iniziativa che va in controtendenza rispetto ad alcune delle problematiche dell’area Sud, come la fuga di cervelli e la delocalizzazione dei grandi poli industriali. La politica sarà al fianco delle aziende promotrici, dei lavoratori e delle istituzioni per la realizzazione di progetto che va nella direzione giusta. Vogliamo partire dal Sud per rilanciare tutta l’Italia”.

“In questo momento chi ha di più deve dare a chi ha di meno – ha sottolineato il Presidente Silvio Salini – Credo che il cosiddetto “metodo Corneliani”, ovvero l’intervento dello Stato per risollevare le nazionali in difficoltà, possa essere vincente. Noi ci impegneremo a sostenere con ogni mezzo queste realtà e in particolare i progetti, come quello presentato oggi, in grado di fare la differenza”.

“A nome del CNEL, sono lieto di aver ospitato la presentazione del Polo dell’Elettronica Sostenibile della Campania presso la nostra sede. – Queste le parole del Presidente Tiziano Treu che ha proseguito: – In virtù del mio incarico nell’ambito del PNRR, credo che sia doveroso sostenere nuovi modelli di economia virtuosa per determinare una ripresa che investa positivamente il territorio in termini di occupazione e progresso tecnologico. Attendiamo proposte concrete per far progredire ulteriormente questo progetto”.

Nel pomeriggio, le attività sono proseguite con il tavolo tecnico tra le aziende aderenti al Polo e altre grandi e importanti realtà italiane interessate a collaborazioni e ai finanziamenti attivi e in arrivo per il sud, tra cui Softlab Group, FAAM, ISET, CDC Elettronica, Energeia, Villaggio dei Ragazzi, Mec San, SCE Project, Martec srl, ENEL, Vodafone, Mitsubishi, Fincantieri.

“Abbiamo voluto aggregarci – ha spiegato Vincenzo Cinque, Presidente del Polo – per adeguarci alla complessità delle sfide che l’attuale complesso economico ci pone di fronte. Soltanto lavorando insieme possiamo colmare il vuoto che le grandi aziende hanno lasciato abbandonando il nostro territorio, e allo stesso tempo portare nuove capacità e voglia di fare innovazione”. 

Giovanni Casto, Ceo e Presidente di Softlab Group, ha commentato: “L’obiettivo è quello di creare un nuovo soggetto giuridico capace di valorizzare, in termini di produzione eco – sostenibile e di competitività, l’immenso patrimonio di know-how che le aziende casertane hanno maturato nel settore dell’elettronica. La costituzione del Polo dell’Elettronica Sostenibile della Campania porterà significativi vantaggi per la Provincia di Caserta come sostegno, non solo alle Società del territorio, ma anche agli abitanti che potranno beneficiare di nuovi posti di lavoro e che speriamo porti conseguenzialmente una rivalutazione dell’area stessa.”

AL CNEL LA SEDUTA DEL COMITATO INTERMINISTERIALE SPAZIO E AEROSPAZIO – PNRR: opportunità di posizionare l’Italia al centro delle politiche europee di sviluppo industriale in ambito spaziale.

Il 1° dicembre 2021 ha avuto luogo la 15ª seduta del Comitato interministeriale per le politiche relative allo Spazio e alla ricerca aerospaziale (COMINT), in attuazione delle prescrizioni della legge 11 gennaio 2018, n.7, che disciplinano la governance nazionale del settore spaziale.

La riunione, presieduta dal Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale con delega alle politiche spaziali e aerospaziali, Vittorio Colao, ha visto la partecipazione delle tredici Amministrazioni componenti permanenti del COMINT a livello di Ministri o Sottosegretari di Stato, nonché del rappresentante della Conferenza delle regioni e delle Province autonome.

Il Comitato è stato informato e ha espresso una valutazione favorevole rispetto al quadro programmatico relativo alle progettualità spaziali previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), e all’opportunità di dare attuazione a parte dei progetti PNRR avvalendosi del supporto tecnico-ammnistrativo dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), per quanto riguarda i programmi relativi al settore dell’osservazione della terra e dell’accesso allo spazio, per un importo complessivo di circa 1,3 mld.

Su tale tematica è stata registrata una convergenza di tutte le Amministrazioni sulle opportunità che questa misura offre nel posizionare l’Italia al centro delle politiche europee di sviluppo industriale in ambito spaziale e consolidare la leadership italiana nello sviluppo dei lanciatori e nell’osservazione della terra, facendo del Centro ESRIN di Frascati un polo di eccellenza e di aggregazione europeo in quest’ultimo settore.

L’iniziativa congiunta con ESA va ad integrare il significativo sforzo di ASI, relativo al programma di lavoro derivante dallo sviluppo dei programmi a finanziamento nazionale (circa 2 miliardi) e il restante pacchetto di iniziative in ambito PNRR (circa 1,2 miliardi). Il quadro programmatico complessivo ha l’obiettivo di garantire la migliore efficacia ed efficienza nel soddisfacimento delle sfidanti scadenze imposte dalla Commissione Europea.

Nel corso della seduta il Ministro Colao ha inoltre condiviso le risultanze della riunione intermedia del Consiglio dell’ESA a livello Ministeriale, svoltasi in Portogallo lo scorso 19 novembre 2021, nonché i lineamenti generali della recente dichiarazione congiunta italo-francese sul futuro dei lanciatori europei che getta le basi per una collaborazione maggiormente strutturata e paritetica a salvaguardia dell’autonomia strategica e della competitività dell’industria nazionale.

Infine, in merito alla prima edizione della Giornata nazionale dello Spazio prevista per il prossimo 16 Dicembre, il Presidente dell’ASI ha presentato le iniziative previste esprimendo il proprio compiacimento per il supporto fin qui dimostrato da parte degli Enti di Ricerca, Aziende del settore, Musei, Fondazioni, Istituti scientifici, scolastici e formativi.

Il dibattito sulla complementarità delle professioni di oggi con la tecnologia di domani – Via libera ai brevetti firmati dall’Intelligenza artificiale (almeno in Australia).

L’Australia si candida ad essere il primo paese ad attribuire il titolo di “inventore” ad una macchina. Con una sentenza che sta facendo molto discutere, lo scorso 31 luglio la Corte Federale di Sidney si è pronunciata circa la possibilità che un’opera creata interamente da un sistema di Intelligenza artificiale possa essere tutelata al pari di una creazione umana, riconoscendo in tal modo (e per la prima volta) la qualifica di ideatore ad una macchina.

Il caso balzato all’onore delle cronache è quello relativo a “DABUS”, una macchina progettata e costruita da Stephen Thaler. In questi ultimi anni, più e più volte, sono state presentate in tutto il mondo diverse domande di brevetto internazionale per la realizzazione di un contenitore per alimenti e di un apparato di segnalazione luminosa, in cui proprio il software “creativo” DABUS è stato indicato come l’inventore dei due oggetti. Non l’uomo bensì la macchina ha “creato” le cose, grazie al risultato delle elaborazioni automatiche del software.

Dopo diversi dinieghi (gli uffici brevetti di Stati Uniti, Regno Unito, Germania e Australia hanno tutti, infatti, sentenziato in senso contrario), DABUS ha trovato il suo giudice, non a Berlino però, ma a Sydney.

La scorsa estate la Corte Federale australiana ha decretato che, ebbene sì, ai sensi dell’Australian Patent Act, anche l’Intelligenza artificiale può essere annoverata tra gli inventori, non essendoci nulla nel diritto australiano sui brevetti che proibisca esplicitamente o implicitamente di includere anche l’Intelligenza artificiale come ideatore. La decisione è stata impugnata dinanzi alla Corte Federale Piena (ovvero la Corte d’Appello) e si è in attesa dell’esito del secondo round.

Prima di giungere in Australia, nel 2018 DABUS aveva provato anche la via europea, presentando formale richiesta di riconoscimento all’European Patent Office (EPO), l’Ufficio brevetti dell’Unione. Con decisione del gennaio 2020, però, l’Ufficio di Monaco di Baviera ha dato disco rosso alle pretese dell’algoritmo, in quanto esse non soddisfacevano i requisiti legali della Convenzione sul brevetto europeo poiché – in punta di diritto – il richiedente della concessione deve essere una persona in carne e ossa, e non una macchina. Non così nei moduli presentati da Thaler che, alla voce “Inventore”, aveva declinato le generalità proprio di DABUS, descritta e qualificata come “un tipo di intelligenza artificiale connessionista.

Nella sua decisione, però, l’EPO ha ritenuto che l’interpretazione del quadro giuridico del sistema del brevetto europeo porta alla conclusione che l’inventore designato in un brevetto europeo debba essere necessariamente solo e soltanto una persona (fisica o giuridica), poiché per esercitare tutti i diritti connessi alla creazione di una qualsiasi opera, l’inventore deve possedere una personalità di cui, come ovvio, è sprovvista qualsiasi sistema o macchina di Intelligenza artificiale.

L’EPO ha rigettato la domanda di registrazione presentata dalla macchina DABUS per una mera questione di forma, non entrando nel merito se l’Intelligenza artificiale possa o meno ritenersi titolare giuridica delle sue creazioni” ha commentato Gabriella Àncora, Presidente nazionale di CIU-Unionquadri, Confederazione sindacale che tutela i quadri nel settore privato e pubblico, ma anche il mondo delle professioni intellettuali, presente al CNEL e al CESE di Bruxelles. “Se, da un lato, questa non-decisione apre le porte a futuri provvedimenti tutti da scrivere, dall’altro si palesa la preoccupazione per la sostituzione uomo-macchina, soprattutto in quelle attività dove, istruendo a dovere l’algoritmo, questo è capace di creare contenuti, rendendo superflua l’attività della persona. Tuttavia, se doverosamente indirizzata, la tecnologia può dimostrarsi un valido alleato dell’attività professionale piuttosto che un competitor”. Grazie allo sviluppo attuale dell’innovazione è possibile per i professionisti, già oggi, rendere a distanza molteplici servizi. È quindi necessario avviare quanto prima un dibattito strutturale sulla complementarità delle professioni di oggi con la tecnologia di domani” ha concluso Àncora.