Quale termine per le dimissioni per fatti concludenti?
L’art. 26 comma 7 bis d.lgs. 151/2015, introdotto dalla legge n. 203/2024, prevede che in caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal CCNL applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, che può verificare la veridicità della comunicazione medesima. Il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica la disciplina ordinariamente prevista per le dimissioni del lavoratore.
In merito all’interpretazione della norma, sono da subito sorti vari dubbi. Recentemente, si sono pronunciati in merito, con pronunce tra loro discordanti, il Tribunale di Milano e quello di Bergamo.
Il Tribunale di Milano, con pronuncia n. 4953 del 29 ottobre 2025, ha ritenuto che per le dimissioni per fatti concludenti vale il termine già previsto dal CCNL per le assenze che danno luogo al licenziamento disciplinare e non i 15 giorni indicati dalla legge, che valgono soltanto se il CCNL non ha disciplinato l’ipotesi di assenza ingiustificata.
Il Tribunale di Bergamo, con sentenza n. 837 del 9 ottobre 2025, ha invece precisato che non è applicabile il termine previsto dal CCNL al fine di legittimare il datore di lavoro alla sanzione del licenziamento per assenza ingiustificata.
Nella motivazione si legge che la previsione del CCNL riguarda infatti un istituto del tutto diverso, il licenziamento disciplinare ed il relativo termine ha la funzione di individuare la misura della gravità dell’inadempimento sufficiente a rendere intollerabile la prosecuzione del rapporto lavorativo, con conseguente possibilità per il datore di lavoro di procedere alla sanzione disciplinare, nel rispetto delle garanzie procedurali dello Statuto dei Lavoratori.
Nel caso disciplinato dall’art. 26 c. 7 bis d.lgs. 151/2015, invece, il termine di 15 giorni previsto dalla legge (o quello diverso e – si deve ritenere, comunque maggiore – stabilito dalla contrattazione collettiva) ha la funzione di individuare la misura in cui il comportamento del lavoratore, che continuativamente non si presenti a rendere la prestazione per la giornata lavorativa, possa generare la presunzione di una volontà del lavoratore di sciogliere il rapporto.
L’operatività di tale presunzione, richiede un termine ben più lungo di quello generalmente previsto dai CCNL ai fini del licenziamento disciplinare, che sia idoneo a rendere inequivocabile il disinteresse del lavoratore alla prosecuzione del rapporto (a tale conclusione è anche giunto il Ministero del Lavoro, nella circolare n. 6/2025).
Ancora, ad avviso del Tribunale di Bergamo, i 15 giorni non possono essere intesi come giorni di calendario, bensì come giorni lavorativi; la disposizione infatti prevede che si deve “protrarre” oltre a tale termine la “assenza ingiustificata”, cioè il comportamento del lavoratore che, obbligato a rendere la prestazione di lavorativa, non si presenti senza giustificazione in un giorno, appunto, lavorativo.
avv. Alberto Tarlao
Segretario Regionale CIU Unionquadri
Friuli-Venezia Giulia



