LE ELEZIONI AMERICANE.

LE ELEZIONI AMERICANE

1 – Tutte le epoche hanno i loro Caligola, di destra o di sinistra. Se qualcuno avesse  ancora  avuto dubbi sul narcisismo infantile  del Presidente Trump, la condotta da lui tenuta durante queste elezioni dovrebbe averli  decisamente dissipati. Il testardo rifiuto di riconoscere la sconfitta e l’ accanimento nel perseguire le vie giudiziarie  per ribaltare il risultato,  pur in assenza di prove concrete di frodi o brogli  , rivelano una personalita’ incapace di fare i conti con la realta’ e disposta a falsarla senza scrupoli. Secondo alcuni osservatori, l’intento di Trump e dei suoi team legali – guidati da Rudolph Giuliani, indomito procuratore anti-crimine negli anni ’90, ormai irriconoscibile nell’ avvilente ruolo di avvocato appiattito sulle nevrosi del suo cliente – sarebbe  quello di arrivare a dicembre senza la certificazione dei risultati elettorali negli Stati chiave, in modo da consentire ai Parlamenti locali, tutti a maggioranza repubblicana, di selezionare direttamente i delegati che fungeranno da Grandi Elettori nella votazione finale, ignorando la scelta effettuata dalla volonta’ popolare ( ipotesi in teoria consentita dalle leggi in vigore, ma che costituirebbe un sostanziale “golpe”, foriero di un pericolosissimo scontro frontale).  Secondo altri, tutto il caos e la tensione  che il Presidente uscente sta creando sarebbero invece finalizzati a rafforzarlo in un  negoziato sotto banco  per ottenere una sorta di immunita’ per le gravi accuse di frode fiscale a cui andrebbe incontro una volta tornato ad essere un privato cittadino ( Ford “perdono’ ” Nixon per il Watergate). Qualunque sia la verita’ – e lo scopriremo nelle prossime settimane –  la transizione e’ diventata vischiosa, conflittuale e non funzionale, considerando che l’amministrazione uscente sta rifiutando di collaborare  con la nuova, non consentendo un sereno passaggio di consegne come vorrebbe la prassi. Nel frattempo, Biden sta incassando le congratulazioni da pressoche’ tutti i  leader mondiali.

2- Se si guarda ai numeri delle elezioni ( 70 milioni per Trump e 74 milioni per Biden), risulta chiaro che nonostante la sconfitta il Presidente uscente ha catturato una incredibile  quantita’ di voti, a dispetto dei sondaggi che prevedevano una marea democratica, aggiunto al fatto che i repubblicani probabilmente conserveranno la maggioranza in Senato e che i democratici – pur mantenendo la maggioranza alla Camera – hanno perso dei seggi. Pertanto, la vittoria di Biden sembra derivare piu’ dalla punizione di Trump per l’inaccettabile gestione della pandemia di coronavirus che dall’entusiasmo per il candidato democratico, senza dubbio“decent man” ma alquanto privo di carisma. Cio’ non toglie che Biden possa essere l’uomo giusto al momento giusto, sostituendo all’approccio divisivo e nevrotico di Trump  una filosofia ispirata alla riconciliazione sia all’interno che in politica estera. Intendiamoci: Trump in realta’ non e’ un “lupo solitario” nel panorama politico americano, dato che si colloca nel solco di una tradizione repubblicana “ante” 1945 incentrata sul concetto di primazia egoistica degli USA ( “America first!”). Il fatto nuovo e’ che Trump ha declinato tale impostazione in una maniera caotica, improvvisata, personalistica e decisamente rozza, a causa della sua attitudine mentale. Ma le pulsioni populiste e nazionaliste che lo hanno portato al potere rimangono forti e presenti nella societa’ americana, se si pensa che rispetto al 2016 ha comunque conquistato ulteriori milioni di voti, con il risultato che gli USA appaiono ora lacerati da una divisione che non sara’ facile per Biden sanare. L’unica possibilita’ e’ che riesca miracolosamente a mobilitare lo spirito e l’orgoglio nazionale con la creazione di una “nuova frontiera” di stile rooseveltiano o kennedyano. Ammesso che il suo team sia intellettualmente all’altezza di una tale sfida, sara’ molto complicato riuscirci se i repubblicani, come e’ probabile, prevarranno in Senato vincendo i  2 seggi in palio in Georgia a gennaio, in quanto ogni provvedimento di rilievo andra’ faticosamente negoziato con loro.

3 – Biden ha gia’ indicato alcune priorita’ del suo mandato. All’interno, la precedenza sara’ data alla lotta contro la pandemia, per la quale ha gia’ nominato un team di esperti ( che tuttavia al momento non puo’ interloquire con Anthony Fauci in mancanza dell’autorizzazione del Presidente in carica !).  Poi dedichera’ la sua attenzione alle minoranze etniche e tentera’ non solo di preservare l’ Obamacare, ma anche di espanderlo, il che richiedera’ tra l’altro un’ economia che si riprenda in fretta.  In politica estera, ha gia’ annunciato che il primo decreto esecutivo sancira’ il ritorno all’accordo internazionale sul clima globale, atto che si collochera’ certamente nel contesto di una valorizzazione sistematica della collaborazione multilaterale (non abbandono dell’OMS e probabilmente ritorno all’UNESCO). Inoltre,  miglioreranno sensibilmente i rapporti con gli alleati all’interno della NATO ( anche se la questione del “burden sharing” non sparira’ per incanto e se con la Turchia le relazioni saranno piu’ problematiche che con Trump), nonche’ con l’Unione Europea e i suoi Stati membri, in particolare ricucendo  quelli con la Germania, mentre il Regno Unito perdera’ un interlocutore prezioso come Trump  proprio nel delicato momento della Brexit. Sul piano dell’economia, e’ prevedibile – con indubbio vantaggio anche del nostro Paese –  un atteggiamento diverso sull’uso dei dazi commerciali e un clima collaborativo che  consentira’ di gestire piu’ razionalmente e serenamente anche le divergenze ( aiuti di stato, surplus commerciali, possibile ripresa dei negoziati per il TTIP ). Biden non vuole affossare l’Unione Europea, come stava invece tentando di fare Trump in una logica di “divide et impera”; al contrario, vuole recuperare una partnership seria con l’UE, anche in campo economico, in un’ottica di solidarieta’ tra Paesi che condividono i principi alla base della civilta’ occidentale e liberale.  In Medio Oriente, continuera’ la tendenza ad un graduale disimpegno, ma e’ probabile che Biden cerchi di ridare fiato ai negoziati israelo-palestinesi  e che si riapra il dialogo con Teheran in relazione all’accordo nucleare denunciato da Trump. Verso Mosca Biden nutre una forte diffidenza e non puo’ non considerare Pechino un competitore abile e  pericoloso, ma con entrambi usera’ toni piu’ diplomatici e si adoperera’ per  trovare specifici territori di cooperazione, pur dovendo tener conto della rilevante sensibilita’ del suo partito alla questione dei diritti umani. Quello che certamente non cambiera’ e’ il graduale slittamento di interesse verso l’Asia, che vedra’ il rafforzamento dei legami con Giappone, Corea del Sud e Australia, anche in funzione di contenimento della Cina.

4 – In conclusione, un compito non facile per il nuovo ”imperatore” Biden, ma tutti ci auguriamo che – con il supporto della energica Vice Presidente Kamala Harris – riesca a sorprenderci, attingendo alla sua indubbia esperienza politica, alla sensibilita’ umana acquisita passando attraverso dolorose vicende familiari  e all’ empatia costruttiva che gli riconoscono anche gli avversari repubblicani.

Patrizio  Fondi
Ambasciatore
Dirigente CIU – Unionquadri

 

 

Roma, 18 novembre 2020