NEWS – Cumulo Pensioni, Nel Calcolo anche i periodi maturati presso le Casse Professionali – Sentenza 35-2022.

Lo ha ribadito la Corte dei Conti del Trentino Alto Adige confermando l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, a differenza di quanto sostiene l’INPS, per le pensioni da liquidare in regime di cumulo dei periodi assicurativi anche i contributi accreditati presso le casse professionali concorrono al raggiungimento dei 18 anni di contributi al 31.12.1995 ai fini della determinazione del sistema di calcolo applicabile (retributivo sino al 2011 e non sino al 1995).

Tutti i periodi assicurativi, purché non coincidenti temporalmente, qualora accreditati nelle varie gestioni previdenziali (ancorché casse professionali) incidono sulla determinazione dell’anzianità contributiva rilevante ai fini dell’applicazione del sistema di calcolo della pensione, determinando il ricorso al sistema retributivo o misto. Il testo letterale della norma sul punto (commi 239, 245,246 della Legge di Bilancio 2013) non lascia spazio ad una interpretazione diversa.

Su questi presupposti si basa la sentenza n. 35/2022 della Corte dei Conti del Trentino Alto Adige con cui è stato accolto il ricorso di una contribuente nei confronti dell’INPS che ha calcolato la pensione con il sistema misto, in luogo di quello retributivo. La ricorrente, medico che aveva prestato la propria attività sia nel pubblico che nel privato, aveva infatti maturato un’anzianità di oltre 19 anni nelle gestioni INPS (Gestione Dipendenti Pubblici e Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti) e ENPAV alla data del 31 dicembre 1995.

Regole di cumulo

Il cumulo pensionistico, così come disciplinato dalla legge di Bilancio 2017, offre al lavoratore la possibilità di valorizzare gratuitamente periodi assicurativi accreditati presso differenti gestioni, per il riconoscimento di un’unica pensione da liquidarsi secondo le regole di calcolo previste da ciascun fondo e sulla base delle rispettive retribuzioni di riferimento. Si ricorda che il trattamento viene calcolato in rapporto ai rispettivi periodi di iscrizione maturati, secondo le regole di calcolo previste da ciascun ordinamento e sulla base delle rispettive retribuzioni. La pensione viene quindi riconosciuta con il sistema retributivo ove applicabile e, per i periodi successivi al 1° gennaio 2012, con il solo il sistema contributivo. Ma attenzione, per l’individuazione del sistema di calcolo da applicare (retributivo sino al 2011 o sino al 1995 a seconda della presenza o meno di almeno 18 anni di contribuzione al 31.12.1995) bisogna tener conto dell’anzianità contributiva complessivamente maturata nelle diverse gestioni assicurative.

L’orientamento dell’INPS

Secondo l’interpretazione dell’Istituto (circolare n. 140 del 12/10/2017) la contribuzione versata nelle casse professionali non può essere utilizzata per determinare i 18 anni di anzianità contributiva presente al 31.12.1995 e, quindi, per ottenere il calcolo retributivo sino al 2011 sul pro quota Inps. L’Istituto, a sostegno di tale orientamento, evidenzia le differenze tra la ricongiunzione ed il riscatto onerosi ed il cumulo gratuito, sostenendo che ogni gestione deve assumere gli oneri contributivi pro quota in rapporto ai rispettivi periodi di iscrizione e secondo le regole di calcolo previste da ciascun ordinamento. Con riguardo al giudizio in oggetto, infatti, l’Istituto sostiene di aver correttamente applicato il disposto dell’art. 1, c. 245 e c. 246, della L. n. 228/2012.

Nel controricorso dinanzi al magistrato contabile si legge «…ogni gestione applica il proprio sistema di calcolo tenendo conto dei periodi assicurativi (“non coincidenti” con paralleli versamenti nelle altre Gestioni), accreditati nella propria gestione». Quindi «la Gestione tenuta ad applicare il sistema retributivo è solo quella ove siano versati (in prima battuta o ricongiunti/riscattati) almeno 18 anni di contribuzione rapportabile agli anni ante 1996 e comunque facenti capo ai Fondi di Previdenza dell’INPS».

La decisione

Sul punto, il giudice di Trento si era già recentemente espresso accogliendo un orientamento diametralmente opposto a quello dell’INPS (sentenza n. 131/2021) e largamente condiviso dalla giurisprudenza contabile nazionale (ex multis Corte dei Conti, Sezione giur. Lombardia 877/2021; Sezione giur. Sicilia n. 877/2021). Anche in questo caso il magistrato, nell’accogliere il ricorso della lavoratrice e nel rideterminare la pensione liquidata secondo il calcolo retributivo, non ritiene fondata la tesi proposta dall’Istituto previdenziale, secondo cui i periodi contributivi oggetto di cumulo possono essere considerati solo al fine del ricongiungimento o del riscatto contributivo di natura onerosa.

Il citato comma 239 introduce infatti una nuova misura previdenziale, non onerosa, finalizzata al conseguimento di un’unica pensione determinata dal cumulo dei periodi assicurativi (non coincidenti) maturati presso le diverse gestioni elencate dalla norma. Se si accogliesse il ragionamento dell’Istituto si dovrebbero disapplicare le norme sulle pensioni in cumulo. Il successivo 246, poi, stabilisce esplicitamente che tutti i periodi assicurativi (non coincidenti) accreditati nelle varie gestioni previdenziali di cui al comma 239 incidono sulla determinazione dell’anzianità contributiva rilevante ai fini dell’applicazione del sistema di calcolo della pensione, facendo chiaro riferimento al sistema retributivo o misto. Nessuna discriminazione, peraltro, è prevista nei confronti delle casse previdenziali.
«Pertanto, come nel caso di specie – queste le conclusioni della sentenza in parola – se dalla somma dei periodi assicurativi (non sovrapposti) maturati dal pensionato al 31 dicembre 1995 presso diverse gestioni previdenziali si raggiungono almeno 18 anni di anzianità, la pensione dovrà essere calcolata secondo il sistema retributivo, in base a quanto disposto dall’art. 1, c. 13, della L. n. 335/1995. Peraltro, i diversi periodi, in applicazione di quanto disposto dall’art. 1, c. 245, della L. n. 228/2012 dovranno essere considerati di competenza dei rispettivi enti al fine di determinare il trattamento pro quota».

 

Dr. Raffaele Iavazzi