Perché il capitale umano è sempre più importante per le imprese.

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Il nostro paese, ancora in fase pre-Covid, ha attraversato una lunga stagione di bassa crescita e, soprattutto, bassa produttività. Il 2021 da poco chiuso ha visto una risalita dell’economia dopo l’anno terribile della pandemia. Tuttavia, quello slancio – come testimoniato anche dall’ultima indagine congiunturale del Centro Studi di Confindustria – rischia di essere frenato non solo dai costi dell’energia, oltre che da una situazione pandemica ancora non domata, ma dalla mancata realizzazione di una serie di riforme capaci di ammodernare il funzionamento del sistema nel suo complesso e che oggi, grazie al PNRR, conta di poter attuare.

Dunque, l’Italia delle imprese deve fare i conti con due aspetti di una medesima medaglia. Da un lato, il grado di competitività del sistema paese e, dall’altro, la competitività delle stesse realtà produttive. Allora vale la pena ascoltare (Community Research&Analysis per Federmeccanica-Umana) quanto gli imprenditori esprimono su questi due versanti per cercare di attuare quelle misure necessarie alla ripartenza dell’economia e dell’Italia.

Per quanto attiene al sistema paese, com’era facilmente attendibile, gli imprenditori si concentrano soprattutto su due dimensioni, in modo pressoché analogo: la pressione fiscale ritenuta eccessiva (36,7%) e parimenti la burocrazia (34,1%). La bulimia di tasse e pratiche burocratiche è il fardello che le imprese auspicherebbero venisse alleggerito. Non che manchino altri problemi, come un mercato del lavoro ritenuto ancora troppo rigido (13,3%), piuttosto che un sistema formativo vissuto distante dalle esigenze del sistema produttivo (8,5%). Ciò non di meno, siamo purtroppo di fronte a una vexata quaestio che si è sedimentata nel tempo.

I DUE PROBLEMI PRINCIPALI CHE FRENANO LA POSSIBILE RIPRESA DELL’ITALIA

 

Focalizzando l’attenzione sul tema del mercato del lavoro, oggetto negli anni di riforme successive all’insegna di una ricerca di maggiore flessibilità, gli imprenditori indicano la priorità d’intervento sul tema fiscale. La diminuzione del cuneo fiscale sul lavoro raccoglie il consenso di un terzo dei rispondenti (34,0%). A distanza troviamo altri interventi che potremmo definire ancillari. Nell’ordine, migliorare il raccordo fra sistema produttivo e formativo (20,6%), un maggiore investimento sulle politiche attive (16,8%) e il dare più flessibilità in entrata alle imprese (14,9%), ovvero diminuire i vincoli che le diverse normative pongono all’assunzione.

In ogni caso, considerando la graduatoria delle due risposte più importanti, si può sostenere che la strategia ritenuta migliore per un mercato del lavoro al passo coi tempi ruoti attorno a due dimensioni prevalenti: una tassazione inferiore sul lavoro e un raccordo maggiore sul tema della formazione fra scuola e imprese.