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CNEL 15 novembre 2022 – Lo “Spazio Europeo dei dati sanitari” per realizzare l’Europa della salute.

Lo “Spazio Europeo dei dati sanitari” per realizzare l’Europa della salute.

Appuntamento al CNEL martedì 15 novembre

Come circoleranno, nei prossimi anni, le informazioni sulla salute dei cittadini europei, e come questi ultimi potranno controllare e utilizzare i propri dati sanitari grazie alla creazione di uno Spazio europeo dei dati sanitari (EHDS). Questo e altri temi saranno oggetto del dibattito che avrà luogo al CNEL il prossimo 15 novembre, con autorevoli esperti a confronto sulle sfide e sulle opportunità del mercato unico dei servizi e dei prodotti digitali in campo sanitario.

L’incontro, ideato e organizzato dalla CIU-Unionquadri insieme all’Ispettorato della sanità militare, al CNEL con il patrocinio del Comitato Economico e Sociale Europeo, prenderà il via alle 9,30 con i saluti del Presidente del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro Prof. Tiziano Treu e del Vicepresidente Floriano Botta, insieme a quelli della Presidente della CIU-Unionquadri Gabriella Àncora.

Alle due tavole rotonde che seguiranno prenderanno parte rappresentanti di Istituzioni e Imprese. Per il CNEL il Dott. Francesco Riva, per il CESE il Prof. Maurizio Mensi, per il Parlamento europeo l’On. Luisa Regimenti, per il Garante privacy il Vicesegretario generale Dott. Claudio Filippi, per l’Ispettorato Generale della Sanità Militare il Ten. Col. Ferdinando Spagnolo, per l’Università di Tor Vergata il Prof. Vittorio Colizzi e per il Ministero della Salute il Direttore della Comunicazione Dott. Sergio Iavicoli. Per le imprese interverranno l’Ing. Giovanni Arcuri del Policlinico Gemelli, il Prof. Andrea Stazi di Google, il Dott. Ettore Russo di Anitec-Assinform, il Dott. Roberto Tartaglia Polcini di SeneGis Gi e l’Avv. Gianluca Pomante, DPO di Atlantica Digital SpA.

Il seminario si terrà presso la sede del CNEL a Roma a Villa Lublin e sarà trasmesso anche attraverso il canale streaming sul sito dello stesso CNEL.

Lo spazio europeo costituisce un ecosistema specifico per l’ambito medico che comprende strutture, regole, norme e pratiche comuni, insieme ad una struttura di gestione per dare ai cittadini un maggiore accesso digitale ai propri dati sanitari e un maggiore controllo su tali informazioni, a livello nazionale ed europeo. La libera circolazione di tali dati in ambito UE favorirà un mercato unico per le cartelle cliniche elettroniche, i dispositivi medici ed i sistemi di intelligenza artificiale.

Lo Spazio europeo dei dati sanitari rappresenta un pilastro fondamentale per realizzare una Unione europea orientata alla salute, ed è il primo spazio comune dei dati nell’ambito della strategia europea, priorità della Commissione e parte integrante dell’Unione sanitaria europea. Tra gli obiettivi, quello di predisporre un sistema affidabile, sicuro ed efficiente per l’utilizzo dei dati sanitari a fini di ricerca e innovazione, necessario anche per elaborare politiche e interventi normativi che, come sottolineato anche dalla commissaria per la salute Stella Kyriakides, rappresentano “un vero tesoro per gli scienziati, gli innovatori e i decisori politici al lavoro sulle prossime terapie salvavita”.

Dìgnìtà del lavoro: l’indimenticata e attualissima lezione di F. Caffè.

Un volume racconta <1 posto degli uomini abbiamo sostituito numeri e alla compassione nei confronti delle sofferenze umane abbiamo sostituito l’assillo dei ‘equilibri contabili». Appare strano oggi, specialmente alla luce dell’emergenza energetica e dei comportamenti poco solidali di alcuni Paesi europei, pensare che queste parole sono state pronunciate da un economista. Da un maestro ed intellettuale lontano dai luoghi comuni, aggiungerebbero con commozione migliaia di suoi allievi; da un riformista vero, progressista e antifascista, ribadirebbero con riconoscenza non pochi rappresentanti del mondo sindacale e del lavoro; da un europeista dubbioso, ricorderebbero altri. Ma anche da un umanista appassionato di giustizia sociale; da uno tra i più tenaci difensori del Welfare state e i più inflessibili nemici del retoricume neoliberista, come lo definiva, delle speculazioni in Borsa e del capitalismo finanziario, di cui denunciava gli inganni e i ricatti e che, anche per tali ragioni, considerava «una degenerazione del sistema economico». Quelle parole, troppo a lungo inascoltate ma divenute più necessarie che mai in un’epoca come la nostra, sono appartenute a Federico Caffè, tra i maggiori intellettuali italiani del secondo Dopoguerra e il più importante divulgatore, nel nostro Paese, del pensiero di John Maynard Keynes e degli economisti scandinavi. Di stupefacente attualità, rappresentano un frammento di un articolo pubblicato nel 1986, l’età d’oro del libero mercato, sulla rivista Micromega dal titolo «Umanesimo e Welfare». «Un disavanzo previdenziale, pur se soggetto a oscillanti valutazioni, è una cifra che fa sempre notizia ed evoca baratri incolmabili e altre immagini di una catastrofe prospettata con la stessa frequenza con la quale viene in pratica rinviata. Ma le file di persone anziane che attendono innanzi agli uffici postali, nelle condizioni climatiche più disagiate, per la riscossione degli importi loro attribuiti, vengono considerate come un fatto di natura, al pari delle condizioni climatiche cui sono soggette», scriveva Caffè, sottolineando, in questo modo, l’irrinunciabilità dei concetti che hanno guidato lo sviluppo del suo potente pensiero economico e l’etica della sua intera, mite esistenza. La costante attenzione verso i più fragili, la certezza che l’economia dovesse essere al servizio dell’uomo e non viceversa, la convinzione della centralità del lavoro, l’idea di uno Stato concepito come garante di benessere sociale e di uguaglianza di possibilità. Sapeva, in quanto intellettuale, di avere un compito: «Quello di indicare un modello alternativo e di dimostrare che si tratta di un modello possibile», aveva spiegato a Fernando Vianello in una intervista per il giornale Sinistra 77. Per la maggior parte delle persone il suo nome si accosta essenzialmente alla sua misteriosa scomparsa avvenuta nella notte tra il 14 e il 15 aprile 1987, a 73 anni, dalla casa romana di via Cadlolo dove viveva con il fratello Alfonso: un allontanamento enigmatico (sullo scrittoio aveva lasciato le chiavi dell’appartamento, gli occhiali da vista, il passaporto, la carta di identità e due biglietti di auguri pasquali) seguito con apprensione dalla stampa dell’epoca che usava evidenziarne le analogie con la sparizione, quasi mezzo secolo prima, di Ettore Majorana, e contrassegnato dalla sentenza del Tribunale di Roma che l’8 agosto 1998 ne ha dichiarato la morte presunta. Ma per tutti gli altri, per chi lo ha conosciuto da vicino, per quanti hanno studiato i suoi testi, per coloro che con lui hanno collaborato o si sono laureati in Politica economica e finanziaria alla Sapienza di Roma – ben 1.200 studenti dal 1959 al 1987: tra loro anche Mario Draghi e Ignazio Visco – «il più keynesiano degli economisti italiani» è stato molto di più. A tentare di raccontarlo in un appassionante volume da poco uscito per Fazi Editore, «Maestro delle mie brame. Alla ricerca di Federico Caffè», è proprio uno dei suoi allievi, Daniele Archibugi, studioso di Economia politica, docente formatosi nel Regno Unito (come Caffè) e a lungo tra gli amici più intimi e devoti. Non ancora trentenne al tempo della scomparsa del maestro, la mattina del 15 aprile è tra i primi ad arrivare in via Cadlolo, dopo aver ricevuto un’angosciosa telefonata. «Ciao, Daniele, sono Alfonso. Vmicio [così Federico Caffè era chiamato in famiglia, nda] è scappato di casa». Partendo da qui, Archibugi arriva a delineare, pagina dopo pagina, la figura di un pensatore schivo e autorevole, desideroso di confrontarsi con il proprio tempo ma allo stesso tempo fortemente condizionato in ogni singola scelta dal suo particolare aspetto fisico; ne narra la capacità maieutica e l’entusiasmante umanità ma ne descrive anche, di converso, l’umanissima malattia di cui soffriva: la depressione. Silenzioso eppure mai apertamente negato, il suo male oscuro si era aggravato negli ultimi anni con la fine dell’insegnamento e la tragica morte di tre allievi prediletti – tra questi, Ezio Tarantelli, ucciso dalle BR nel 1985 – raggiungendo il suo climax nella sconvolgente sparizione. Un distacco a cui, secondo Ermanno Rea (vedi «L’ultima lezione», Einaudi, 2000), lo stesso Caffè ha voluto imprimere «una natura oscura», poiché egli «non agi in maniera estemporanea, sull’impulso di una decisione repentina. Pianificò la fuga preordinandone ogni movimento fino al più banale». Raccogliendo i ricordi propri, carichi ancora oggi di tensione, di compassione e di affetto, insieme a quelli delle persone a lui più prossime, decifrando il lunghissimo e variegato carteggio intercorso tra il professore e il padre, Franco Archibugi – cominciato nel 1945 quando il primo aveva trent’anni e il secondo, che diverrà un importante esperto di strategie di pianificazione e coordinerà l’ufficio studi della Cisl, appena diciannove -, l’autore ci permette di osservare da vicino la figura di un uomo complesso. Così malinconico e rassegnato che a soli trentatré anni diceva di sentirsi come «un cavallo cieco forzato a girare la ruota del frantoio», così ironico e spiritoso da perdersi nei giochi dei bambini come quando, negli anni Sessanta, caricava sulle spalle il piccolo Daniele e lo portava avanti e indietro come fosse un calesse lungo il corridoio del suo appartamento. Così avido e allo stesso tempo così generoso di sapere, quando si intratteneva con Franco in vivaci e pungenti discussioni di natura economica, filosofica, musicale, letteraria che spesso e volentieri terminavano con l’invenzione di complicatissimi quiz. O quando si dilettava a scrivere i suoi «Fondi di Caffè» sul Manifesto, che alternava alla stesura di saggi, di traduzioni e alle consulenze per la casa editrice Laterza. Nato in una famiglia assai modesta della Pescara di oltre cent’anni fa, il riscatto, per “Chicco” (come lo chiamavano gli amici più stretti), era arrivato proprio con lo studio, grazie al quale molti anni dopo riuscì persino a ricomprare il piccolo podere che la madre aveva venduto per consentirgli di frequentare l’Università. Con i frutti del suo lavoro aveva acquistato anche il pied-à-terre segreto in via dei Capocci a Roma, che aveva poi rivenduto a Bruno Amoroso, allievo e amico sincero. Cocciuto e laborioso, era noto per una rettitudine morale che lo aveva portato, negli anni Sessanta, ad interrompere una trentennale collaborazione con la Banca d’Italia per dedicarsi esclusivamente all’insegnamento, poiché, aveva confessato nella lettera di dimissioni, il «percepire un compenso mensile da parte della Banca […] è per me inaccettabile, ove non trascorra almeno parte della giornata nella Banca stessa». «Se un’eredità di Federico Caffè esiste», riflette al telefono Daniele Archibugi, che oggi dirige a Roma gli studi sulla Ricerca e l’innovazione del Cnr e insegna Innovazione, Governance e Politiche pubbliche al Birkbeck College dell’Università di Londra, «è quella che nessuno va lasciato indietro: tutti devono essere aiutati a rimettersi in piedi quando sono in difficoltà. Nel suo Abruzzo aveva visto la distruzione provocata dalla guerra ma ne aveva osservato anche la rinascita; aveva una conoscenza molto pragmatica e, tuttavia, molto reale di ciò che la politica economica poteva fare per la vita delle persone. Non era a favore dell’assistenzialismo: era convinto, invece, che la dignità derivasse dal lavoro e che tutte le persone avessero il diritto di vivere felicemente del proprio lavoro. Non si rende felice una persona dandole un sussidio, ribadiva, ma un lavoro appropriato alle sue capacità». Da umanista, continua Archibugi, Caffè non approverebbe la natura computazionale dell’economia attuale. «Era assai critico verso il capitalismo finanziario poiché per lui possedere un capitale è già di per sé un impegno a produrre: aveva addirittura lanciato la proposta – in realtà, una provocazione – di socializzare la Borsa. Quel che dovremmo assolutamente fare, e in questo la lezione di Federico Caffè ci appare indispensabile, è cambiare il modo in cui intendiamo l’attività economica. Ci troviamo in una situazione in cui c’è un mostro senza testa che sta divorando tutto: bisogna che qualcuno metta ordine nel processo economico perché nessuno è più in grado di controllarlo. L’economia», conclude l’autore, «deve tornare a poggiare su pilastri umanistici e il lavoro deve tornare ad essere la sua solida base. Non è più sostenibile che in una situazione in cui abbiamo così tante necessità primarie insoddisfatte si continui a sprecare la risorsa economica e sociale più importante, che è proprio il lavoro».

Nuovo congedo parentale, via alle richieste all’Inps.

Possibile presentare all’Inps le domande di congedo parentale da parte dei dipendenti del settore privato e degli iscritti alla gestione separata, nonché di congedo facoltativo del padre, dopo le novità introdotte dal decreto legislativo 105/2022. Non ancora disponibile, invece, la procedura per il congedo parentale degli autonomi, per l’indennità anticipata di maternità delle lavoratrici autonome e per il congedo di paternità obbligatorio a pagamento diretto. Come già avvenuto finora, i lavoratori possono comunque fruire dei periodi di astensione dall’attività e presentare successivamente la domanda all’Inps, quando verrà data comunicazione tramite messaggio dell’istituto. Per quanto riguarda dipendenti del settore privato e gli iscritti alla gestione separata, con il messaggio 4025/2022 Inps precisa che la domanda può riguardare, retroattivamente, congedi parentali fruiti tra il 13 agosto (data di entrata in vigore del Digs 105/2022) e l’8 novembre (pubblicazione del messaggio 4025). Per i congedi iniziati da quest’ultima data, la domanda va presentata prima dell’astensione o il giorno stesso. L’istituto di previdenza ha comunicato che le eventuali richieste inoltrate dal 13 agosto con le vecchie modalità saranno considerate valide, anche se non si è atteso l’aggiornamento della procedura.

Leonardo fa sistema con Scuole e Università.

È uno dei grandi temi legati all’accesso nel mercato del lavoro e più in generale alla competitività delle imprese e dell’intero sistema Paese. Si tratta del mismatch, ossia la mancata corrispondenza, formativa e delle competenze, tra domanda e offerta di lavoro. Su questo è aperto da aprile scorso un tavolo al CNEL, il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, che vede coinvolte aziende, istituzioni, università e istituti scolastici.
Il Gruppo Leonardo al tavolo sul mismatch del Cnel. Una spinta a formare nuovi ingegneri
L’obiettivo è quello di far confrontare concretamente tutti quegli attori, a partire dalle imprese, che possano contribuire ad individuare le esigenze del mercato del lavoro dei prossimi anni e favorire l’integrazione di percorsi formativi, cominciando dalla scuola. Un tavolo – al quale Leonardo partecipa attivamente – nato soprattutto alla luce dell’accelerazione dettata dalla transizione digitale, che impone di stare al passo con un cambiamento epocale sul fronte delle competenze.
Incentivare il dialogo con il sistema formativo è, d’altra parte, uno degli obiettivi di Leonardo, che fonda il proprio sviluppo sulle capacità ingegneristiche, corrispondenti a circa il 42% dei profili ricercati. Pianificare gli interventi formativi è perciò un elemento centrale nella strategia dell’azienda: strumento indispensabile per programmarne nel lungo periodo l’evoluzione del Gruppo.
Quello delle competenze, infatti, ha un impatto determinante per le imprese. Non solo per la ricerca di giovani ad alto potenziale, linfa vitale per affrontare le sfide future, ma parallelamente, per la capacità di attivare un processo di ampliamento delle conoscenze interne alle aziende, anche attraverso la formazione continua. Un percorso che inizia sui banchi di scuola e prosegue nel tempo per tutta la vita professionale. Gli interventi specifici messi in campo da Leonardo riguardano il mondo della scuola e coinvolgono poi tutto il sistema educativo, dalle università alla ricerca.
Leonardo, ad esempio, ha all’attivo percorsi professionali di alta formazione, le Academy, realtà aperte, sia all’interno sia all’esterno dell’azienda, e orientate a tutti gli ambiti del business: dalle aerostrutture ai velivoli, dagli elicotteri all’elettronica, fino alla cybersecurity. Le Academy rappresentano un elemento necessario a consolidare lo sviluppo del capitale umano interno ma anche a condividere competenze e conoscenze al di fuori del perimetro dell’impresa.
La Cyber & Security Academy di Leonardo si aprirà sempre più anche ai giovani
Ne è un esempio la Cyber & Security Academy, realizzata per garantire a difesa, pubblica amministrazione, infrastrutture critiche e imprese le competenze e le capacità necessarie per supportare la transizione digitale e fronteggiare le minacce alla sicurezza nazionale. Si rivolge agli operatori di sicurezza di queste organizzazioni, ma anche ai meno esperti, per promuovere quella cultura della sicurezza che è fondamentale per affrontare le minacce cyber. La Cyber & Security Academy di Leonardo si aprirà sempre più anche ai giovani, per perfezionare le loro competenze in un settore in cui la domanda di professionisti supera di molto l’offerta.
Molte sono poi le iniziative che vedono Leonardo in prima fila nella collaborazione tra mondo accademico e aziende, a partire dallo strumento dei dottorati industriali e dalla creazione di ecosistemi per il trasferimento tecnologico. A questo proposito l’anno scorso sono stati attivati 44 PhD in Italia, con un impegno già sottoscritto a finanziarne oltre 80 entro il 2022. E molti giovani sono stati indirizzati allo studio delle materie STEM (Science, Technologies, Engineering and Mathematics), secondo un impegno a rafforzare la promozione di una formazione basata sulle competenze del futuro ma anche a una cultura improntata alla parità di genere.

Fondo Nuove Competenze, Decreto Registrato.

SOLE 24 ORE 03-11-2022

Sezione: LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Dopo il via libera della Corte dei conti si attende l’avviso dell’Anpal registrato lo scorso 27 ottobre alla Corte dei conti il decreto del ministro del Lavoro di concerto con quello dell’Economia e delle Finanze relativo al rifinanziamento per un miliardo di euro del Fondo nuove competenze. Ne ha dato notizia ieri il ministero del Lavoro, in risposta all’articolo pubblicato su queste pagine (si veda I1 Sole 24 Ore di ieri), precisando al contempo che la gestione operativa dello strumento è di competenza dell’Anpal (Agenzia nazionale perle politiche attive del lavoro) a cui spetta la pubblicazione dell’avviso che consentirà alle aziende di presentare i progetti di formazione da finanziare (come del resto già fatto nella prima fase di operatività del Fondo). Il decreto, già pubblicato sul sito del ministero non nella sezione “pubblicità legale”, individua le caratteristiche che devono avere le attività di formazione, nonché i correlati oneri che possono essere rimborsati dal Fondo al datore di lavoro. Ma l’iter di approvazione non finisce qui. Per presentare i progetti operativi le imprese e i lavoratori devono attendere l’avviso Anpal. Poiché, come stabilito dall’articolo i, comma 2, del Dm, il rifinanziamento riguarda gli accordi di rimodulazione dell’orario di lavoro sottoscritti da aziende e sindacati entro 1131 dicembre 2022, sarà una vera e propria rincorsa contro il tempo. È importante che Anpal pubblichi rapidamente l’avviso. Il provvedimento dovrà indicare i termini entro cui le imprese devono svolgere la formazione superando quello precedente, molto criticato, stabilito in 90 giorni. L’attività di formazione è, di norma, finanziata dai fondi paritetici interprofessionali secondo la disciplina da essi prevista. Pertanto, per poter gestire i progetti i fondi che intendono partecipare all’attuazione degli interventi del Fondo nuove competenze devono inviare apposita comunicazione all’Anpal entro trenta giorni dalla pubblicazione del decreto. È probabilmente utile pensare già a una proroga del termine di fine anno, visto che sarà difficile rispettare quanto stabilito dal Dm.

MOBILITA’ SOSTENIBILE, PROGETTO CNEL-MINISTERO ISTRUZIONE-RAI SUI NUOVI MESTIERI.

CNEL, Ministero dell’Istruzione e Rai Per la Sostenibilità ESG hanno avviato un progetto dal titolo “I nuovi mestieri della mobilità sostenibile” rivolto agli studenti della Scuola secondaria di secondo grado per orientarli nel mondo del green job e fornire, soprattutto ai più grandi, uno spunto di riflessione sui possibili sbocchi lavorativi che questo settore offre e può offrire in futuro.

Il materiale didattico, realizzato dalla Consulta nazionale per la Sicurezza Stradale e la Mobilità sostenibile del cnel, in collaborazione con la Direzione Generale per lo studente, l’inclusione e l’orientamento scolastico del Ministero dell’Istruzione, è ora disponibile, per tutti i docenti, nella sezione “offerta formativa” della piattaforma Edustrada del Ministero ed è consultabile al sito  https://www.educazionedigitale.it/edustrada/featured_item/i-nuovi-mestieri-della-mobilita-sostenibile/ .

Nell’ambito del progetto, le istituzioni coinvolte hanno promosso un contest dal titolo “Diventa mobility manager per un giorno”, indirizzato agli studenti di una decina di scuole secondarie di secondo grado del Comune di Roma, che verranno individuati dall’Ufficio Scolastico della Regione Lazio, con l’obiettivo di incoraggiare e diffondere non solo la cultura della sicurezza stradale ma anche quella dei corretti comportamenti, da utente della strada attento al tema della sostenibilità. Il concorso invita gli studenti degli istituti coinvolti ad illustrare un’iniziativa di mobilità sostenibile all’interno della propria scuola e, in particolare, a organizzare in modo ottimale gli spazi urbani vicini al proprio istituto, nelle vesti del nuovo mobility manager scolastico.

I migliori progetti, selezionati dal cnel, verranno presentati pubblicamente in un evento ad hoc, alla presenza delle istituzioni rappresentate nella Consulta nazionale per la Sicurezza Stradale e la mobilità sostenibile dell’Organo di rilievo costituzionale, di Rai Per la Sostenibilità ESG e del Ministero.

Banca dati del Ministero del Lavoro per le informative ai lavoratori più ricca.

EUTEKNE.INFO 01-11-2022

Sezione: CNEL WEB

Eutekne.Info – Banca Dati Del Ministero Del Lavoro Per Le Informative Ai Lavoratori Più Ricca

Con la nota n.  14191/2022 il Ministero del Lavoro ricorda nuovamente la presenza di un’apposita sezione del proprio sito istituzionale, dedicata ai nuovi adempimenti di natura informativa, previsti dal tanto discusso DLgs. 104/2022 (c.d. “decreto trasparenza”) attuativo della direttiva Ue 2019/1152 relativa alle condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea.
Si ricorda che il provvedimento, in vigore da oltre due mesi, con l’ art. 4 ha riscritto i primi quattro articoli del DLgs. 152/1997 concernente l’obbligo del datore di lavoro di informare circa le condizioni applicabili al contratto. Il nuovo art. 1 prevede al comma 1 una serie articolata di informazioni, comprese alle lettere da a) ad s), che il datore di lavoro pubblico e privato deve fornire al lavoratore, con tempistiche differenti (consegna del contratto o dell’Unilav prima dell’inizio dell’attività lavorativa e integrazione degli elementi mancanti entro 7 giorni o un mese in ragione del tipo di dato). Alcuni di questi elementi erano già previsti in passato, altri come, ad esempio, l’indicazione dei co-datori di lavoro o gli elementi riferiti alle modalità organizzative dell’orario di lavoro rappresentano delle assolute innovazioni.
Grazie a quanto chiarito dall’Ispettorato del Lavoro con circolare n.  4/2022 , in qualche modo confermata dalla successiva circolare n.  19/2022 del Ministero del Lavoro, le informazioni più complesse dal punto di vista contenutistico del contratto di lavoro potranno essere inserite mediante rinvio al CCNL applicato, a condizione che quest’ultimo sia messo a disposizione del lavoratore, anche semplicemente mediante email o secondo le prassi applicate dal datore di lavoro, come, ad esempio, con affissione in bacheca ovvero servendosi di una intranet aziendale. Il rinvio al CCNL potrebbe risultare quindi utile in relazione, ad esempio, all’indicazione precisa dei periodi di ferie degli altri congedi retribuiti e, soprattutto, sulle modalità di determinazione e di fruizione degli stessi oppure sulla procedura, la forma e i termini del preavviso in caso di recesso del datore di lavoro o del lavoratore.
Proprio su tali aspetti incide il comma 6 del citato art. 4 del DLgs. 104/2022, secondo il quale le disposizioni normative e dei contratti collettivi nazionali relative alle informazioni che devono essere comunicate dai datori di lavoro sono disponibili a tutti gratuitamente e in modo trasparente, chiaro, completo e facilmente accessibile, tramite il sito internet istituzionale del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
Già con comunicato stampa del 30 settembre 2022 il Ministero aveva reso noto di aver messo a disposizioni una sezione “norme e contratti collettivi” in adempimento a quanto previsto dal comma 6 (si veda “ On line l’area del Ministero del Lavoro per le informazioni in trasparenza ” del 1° ottobre 2022).
Ora con la nota n. 14191/2022 il Ministero ritorna a pubblicizzare tale canale informativo, rappresentandone le principali caratteristiche, tra le quali il richiamo all’archivio informativo del CNEL riguardante i contratti collettivi, rappresenta indubbiamente l’aspetto di maggior rilievo.
Pur non risolvendo del tutto, ad avviso di chi scrive, le problematiche di carattere pratico che gli operatori del settore e i professionisti devono affrontare per fornire ai lavoratori una puntuale e personalizzata informativa, che rispetti i requisiti richiesti dall’attuale formulazione del DLgs. 152/1997 , quanto messo a disposizione dal Ministero può, comunque, costituire un utile strumento dal quale partire.
Non va dimenticato che, nonostante il rinvio al CCNL, normativamente non previsto, sia stato, come detto, ammesso dall’Ispettorato del Lavoro, secondo il Ministero (si veda la citata circolare n. 19/2022) l’obbligo informativo non può tradursi in un astratto richiamo delle norme di legge che regolano gli istituti oggetto dell’informativa, ma deve necessariamente avvenire attraverso la comunicazione di come tali istituti, nel concreto, si atteggiano, nei limiti consentiti dalla legge, nel rapporto tra le parti, anche attraverso il richiamo della contrattazione collettiva applicabile al contratto di lavoro.
Nella sezione denominata “Norme e contratti collettivi – Archivio CNEL” sarà innanzitutto possibile ritrovare un riepilogo in costante aggiornamento di quelle che sono le principali norme di riferimento e di disciplina del rapporto di lavoro.
Inoltre, attraverso apposito link, è possibile accedere all’archivio CNEL che conta quasi 1000 contratti collettivi, applicabili al settore privato.
Tale archivio, mediante specifiche funzionalità, risulta direttamente navigabile e consultabile. Inoltre, come sottolineato dallo stesso Ministero, è possibile effettuare comparazioni tra contratti, sfruttare i criteri di classificazione e le analisi, oltre ad accedere alle cartelle in formato elaborabile.

EUTEKNE SpA

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RESIDENZA D’ARTISTA / È online il Bando per l’edizione 2023.

Residenza d’Artista
Todi, 2023
È online il bando dell’edizione 2023

Nel 2021, grazie alla generosa ospitalità dei collezionisti Umberto Morera e Anna Maria Balsano Morera, è nata la Residenza d’artista organizzata da Maja Arte Contemporanea, che ha visto – fino ad ora – la partecipazione delle artiste Anna Di Paola (2021) e Agata Stepien (2022).

Con cadenza annuale, e per la durata di un mese, la Residenza ha luogo a Romazzano, località a circa 8 km da Todi (Perugia), nel mese di maggio.

Proseguendo l’intento della Galleria di porre in essere azioni concrete a sostegno delle donne nel mondo dell’arte contemporanea, la Residenza si rivolge esclusivamente alle Artiste. L’edizione 2023, in particolare, ha come tema specifico la fotografia.

La domanda di partecipazione è gratuita e dovrà essere presentata entro il 31 dicembre 2022.

BANDO RESIDENZA D’ARTISTA EDIZIONE 2023
Maja Arte Contemporanea
Via di Monserrato, 30  –  ROMA
info@majartecontemporanea.com
+39 06 6880 4621MAR / VEN  15.30 – 19.30
SAB  11.00 – 13.00 / 15.00 – 19.00

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SMARTWORKING – Prorogato il lavoro agile “semplificato” fino al 31 dicembre 2022.

Fino a fine anno, i lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali devono svolgere di norma la prestazione lavorativa in modalità agile.

Con la legge di conversione del c.d. decreto Aiuti bis (legge n. 142 del 21 settembre 2022 di conversione del d.l. n. 115/2022), è stato prorogato, al 31 dicembre 2022, il termine per l’utilizzo del lavoro agile in “forma semplificata” per i lavoratori del settore privato, i genitori lavoratori con figli minori di anni 14 e per i lavoratori fragili.

Pertanto, fino alla suddetta data, i lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ivi inclusi i lavoratori in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità, devono svolgere di norma la prestazione lavorativa in modalità agile, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti, o svolgere specifiche attività di formazione professionale anche da remoto.

LAVORO AGILE

La legge n. 142/2022 ha anche prorogato, al 31 dicembre 2022, il diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile, anche in assenza degli accordi individuali, in favore dei genitori lavoratori dipendenti del settore privato con almeno un figlio minore di anni 14, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore non lavoratore o beneficiario di strumenti di sostegno al reddito, e che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione.

Il medesimo diritto allo svolgimento delle prestazioni di lavoro in modalità agile è riconosciuto, fino alla stessa data, sulla base delle valutazioni dei medici competenti, anche ai lavoratori del settore privato maggiormente esposti a rischio di contagio da virus SARS-CoV-2, in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o, comunque, da comorbilità che possono caratterizzare una situazione di maggiore rischiosità accertata dal medico competente, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione lavorativa.
Nelle ipotesi sopra previste la prestazione lavorativa può essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente, qualora non siano forniti dal datore di lavoro.

Inoltre, i datori di lavoro del settore privato devono comunicare al Ministero del Lavoro, in via telematica, i nominativi dei lavoratori e la data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile.
In definitiva, con le proroghe passate in rassegna, il Legislatore sembra aver accolto l’invito delle Parti sociali –  nel “Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro”, del 30 giugno 2022 – che, pur nel mutato contesto di affievolimento dell’emergenza, hanno ribadito l’utilità dell’istituto per contrastare la diffusione del contagio, soprattutto con riferimento ai lavoratori fragili.

In risposta a tale richiesta, il Legislatore, da un lato, ha dunque prorogato fino al 31 dicembre 2022 le previsioni riguardanti i lavoratori fragili e i lavoratori del settore privato e, per altro verso, ha reso strutturale la semplificazione degli obblighi di comunicazione attinenti i lavoratori agili.
Difatti, con un altro recente intervento normativo (legge n. 122/2022 di conversione, con modificazioni, del d.l. n. 73/2022, c.d. decreto Semplificazioni Fiscali), è stato modificato l’articolo 23 della legge n. 81/2017, stabilendo che, a decorrere dal 1° settembre 2022, il datore di lavoro comunichi in via telematica al Ministero del Lavoro i nominativi dei lavoratori, e la data di inizio e di cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile, secondo le modalità individuate con il decreto ministeriale n. 149/2022.

ISTRUZIONI OPERATIVE

Primi chiarimenti e istruzioni operative, sulla nuova modalità di comunicazione telematica, sono stati forniti dallo stesso Ministero del Lavoro, con una nota del 26 agosto 2022 e un comunicato del 28 settembre 2022, risolvendo cosi alcuni aspetti problematici.
Il lavoro agile continua così, in tempo post emergenziale, ad essere la modalità preferenziale di svolgimento dell’attività lavorativa, nei limiti di compatibilità con il tipo di attività svolta, al fine di evitare al massimo il rischio del contagio.
In effetti, nel contesto della pandemia da Covid-19, si è assistito ad un “adattamento congiunturale” della ratio di impiego dell’istituto che, da strumento di welfare organizzativo, è diventuo strumento per la tutela della salute pubblica, della sicurezza sul lavoro e per la conservazione del posto di lavoro. Lo smart working, infatti, tanto nel settore privato quanto in quello pubblico, è stato impiegato come misura di sicurezza e di sostegno della continuità di una larga porzione di attività lavorative.
In linea generale, gli atti normativi e amministrativi volti a fronteggiare la crisi sanitaria sono intervenuti, da una parte, sollecitando a più riprese il ricorso al lavoro agile per il settore privato, dall’altra istituendo inizialmente l’obbligo temporaneo per il suo impiego ordinario nella PA, salvo che per le indifferibili attività in presenza, per poi stabilire che, dal 15 ottobre 2021, la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle P.A. fosse quella svolta in presenza . Il rientro in presenza del personale delle P.A. è stato così disciplinato dal decreto del Ministro per la pubblica amministrazione dell’8 ottobre 2021, che ha individuato le condizioni ed i requisiti, organizzativi ed individuali, necessari per utilizzare il lavoro agile. Da ultimo, il Contratto collettivo sottoscritto tra Aran e le Parti sociali del dicembre 2021, ha individuato caratteristiche, modalità, limiti e tutele del lavoro agile nel pubblico impiego.
Parallelamente, il potenziamento dell’istituto, nel settore privato come in quello pubblico, è stato impiegato per far fronte alle istanze di cura della famiglia con la introduzione, nel rispetto di specifiche condizioni, della possibilità di ricorrervi a favore dei genitori lavoratori con figli minori.

IL PROTOCOLLO

Sulla scia dell’esperienza virtuosa dei Protocolli condivisi, per il settore privato, di rilevante importanza è stata poi la sottoscrizione, il 7 dicembre 2021, del “Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile”, con il quale sono state fornite linee di indirizzo volte a rappresentare un quadro di riferimento – integrativo alle disposizioni della legge n. 81/2017 – per la futura contrattazione collettiva, nazionale e aziendale e/o territoriale, a cui viene affidato quanto necessario all’attuazione nei diversi e specifici contesti produttivi. Dal canto suo, infatti, la contrattazione collettiva – che pure ha virtuosamente sperimentato il lavoro agile ancor prima della sua regolazione normativa, specialmente a livello aziendale – è chiamata a svolgere un ruolo prezioso nella declinazione dell’istituto, integrandosi con la valorizzazione dell’autonomia individuale letteralmente voluta dal Legislatore nel 2017.
Nel biennio pandemico si è andata altresì affinando la declinazione del lavoro agile quale strumento di tutela dei lavoratori “fragili”, disabili e di coloro che sono affetti da patologie croniche e invalidanti e, più in generale, come forma di accomodamento ragionevole, in ossequio alla più recente evoluzione degli orientamenti interpretativi in materia, ove ricorrano ragioni personali legate alla salute, all’età o alla disabilità (ovvero in caso di compresenza di più fattori di vulnerabilità soggettiva).
D’altro canto, tra le ragioni poste alla base dell’istituzione  dell’Osservatorio nazionale bilaterale in materia di lavoro agile troviamo, ancora una volta, la tutela della fragilità.
Nella stessa direzione si è mosso anche recentemente il Legislatore, con il d.lgs. n. 105/2002, prevedendo che i datori di lavoro pubblici e privati, che stipulino accordi per l’esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile, siano tenuti a riconoscere priorità alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in tale modalità formulate: dalle lavoratrici e dai lavoratori con figli fino a dodici anni di età o senza alcun limite di età nel caso di figli in condizioni di disabilità, e dai lavoratori con disabilità in situazione di gravità accertata.
In definitiva, la pandemia da SARS-CoV-2  ha sicuramente messo a dura prova le capacità organizzative di molte imprese, rivelando al contempo l’esigenza di procedere ad una rivisitazione della disciplina ordinaria del lavoro agile, per adattarla al nuovo contesto post emergenziale. Oggi più che mai, l’impiego di modalità di lavoro flessibili richiede il repentino superamento di quella mentalità manageriale basata sul carattere meramente gerarchico e unilaterale dell’organizzazione dell’impresa; così come si rende indispensabile, laddove possibile e nel rispetto delle garanzie di legge e di contratto collettivo, il definitivo scardinamento delle tradizionali coordinate spazio-temporali della prestazione lavorativa.

CESARE DAMIANO E MARIA GIOVANNONE