Sulle conseguenze del licenziamento intimato nel corso del periodo di prova.
La Cassazione, con la sentenza n. 24201/2025, si è pronunciata sul caso di una dipendente, inquadrata nella categoria di Quadro, che veniva licenziata nel corso del periodo di prova.
La lavoratrice quindi impugnava il recesso chiedendo l’accertamento della nullità del patto di prova di mesi sei stipulato contestualmente al contratto di lavoro in quanto non erano specificate le mansioni da espletare e, conseguentemente, la declaratoria di illegittimità del recesso con la reintegrazione nel posto di lavoro.
La Suprema Corte conferma le pronunce delle Corti di merito riguardo alla nullità della clausola che conteneva il patto di prova, precisando inoltre che detta nullità, in quanto parziale, non si estende all’intero contratto ma determina l’automatica conversione dell’assunzione in definitiva sin dall’inizio del rapporto.
Quindi, il licenziamento intimato per asserito esito negativo della prova, sull’erroneo presupposto della validità della relativa clausola o in forza di errata supposizione della persistenza del periodo di prova, si configura come licenziamento individuale non distinguibile da ogni altro licenziamento della stessa natura.
Pertanto, il licenziamento è regolato dalla disciplina comune per quel che attiene ai requisiti di efficacia e di legittimità e dunque e di conseguenza oggetto alla verifica giudiziale della sussistenza, o meno, della giusta causa o del giustificato motivo.
La Corte Costituzionale con la sentenza n. 128/2024 ha disposto che, nel riallineamento delle tutele previsto per i licenziamenti, il recesso disposto per il mancato superamento di un patto di prova deve considerarsi geneticamente nullo e quindi rientra in una ipotesi di licenziamento privo di giustificazione per insussistenza del fatto, con il riconoscimento della tutela reintegratoria di cui al secondo comma dell’art. 3 del D.lgs. n. 23/2015.
Infatti, il mancato superamento di una prova che non esiste è, in sostanza, una chiara ipotesi di insussistenza del fatto materiale, perché manca l’esistenza del fatto posto a fondamento della ragione giustificatrice e, la tutela in tale ipotesi applicabile per il lavoratore non potrà che essere quella della reintegrazione cd. attenuata, così come era stato ritenuto dopo l’entrata in vigore della cd. legge Fornero.
avv. Alberto Tarlao
Segretario Regionale CIU Unionquadri
Friuli-Venezia Giulia