Al Responsabile dell’Avvocatura Civica spetta la qualifica dirigenziale.
Comandante della Polizia Locale ove costituto il Corpo – dipendenza diretta dal Sindaco – necessità.
Enti Locali – Figure Professionali di Lavoratori subordinati – dotati di specifica autonomia e loro inquadramento.
Il Caso dell’Avvocatura Interna e del Corpo di Polizia locale.
Limiti della subordinazione e dell’inquadramento.
Spesso nell’ambito del lavoro dipendente ai livelli apicali, il tema della subordinazione si interseca con quello dell’indipendenza della figura professionale, soprattutto quando essa svolge compiti aventi rilevanza pubblica e che trascendono i meri interessi aziendali o della pubblica amministrazione di pertinenza.
Il tema oggi comune a molte figure di lavoratori anche del settore privato, incaricati anche di tutelare l’interesse pubblico in senso ampio, appare quanto mai stringente per le figure dei professionisti dipendenti dell’avvocatura.
L’avvocatura pubblica
Quivi l’articolo 23 della legge 31.12.2012 n.247 “ Nuova disciplina dell’ordinamento forense” tratta lo status degli avvocati degli enti pubblici e degli enti partecipati da enti pubblici, assicurando loro l’autonomia e l’indipendenza di giudizio nell’ambito del contratto di lavoro.
Quale requisito per l’esercizio dell’attività dell’avvocatura in ambito pubblico è necessario, stabilisce la legge, che l’avvocato sia inserito in apposito ufficio legale con specifica ed unica attribuzione della trattazione degli affari legali.
Per quanto riguarda l’ufficio legale, la medesima disposizione di legge stabilisce che la responsabilità dell’ufficio deve essere affidata ad un avvocato iscritto nell’elenco speciale che esercita i suoi poteri in conformità con i principi della legge professionale.
La legge prevede inoltre che gli avvocati iscritti nell’elenco sono sottoposti al potere disciplinare del consiglio dell’ordine.
Una recente sentenza del TAR Sezione staccata di Parma la n. 106 del 14-3-2025 affronta il tema dell’autonomia dell’avvocatura civica del Comune, ribadendo come a capo della stessa debba essere individuata una figura dirigenziale, non essendo possibile conferirne la titolarità ad un dipendente apicale delle Elevate Professionalità in sottordine rispetto ad un dirigente dell’amministrazione.
In maggior dettaglio, era stata soppressa la posizione di dirigente avvocato cassazionista già esistente nell’organizzazione dell’ente, declassando tale posizione ad ufficio sotto ordinato sottoposto ad altra struttura non delegata alla trattazione della materia legale.
L’amministrazione comunale aveva inoltre disposto la rotazione del dirigente avvocato non tenendo conto dell’infungibilità della figura professionale.
Già a suo tempo in merito alla posizione apicale del responsabile di un avvocatura civica, il Consiglio di Stato con la decisione n.10049 del 23 novembre 2023 si era pronunciato in tema di declassamento dell’Avvocatura a struttura non dirigenziale, richiamando la legge professionale e gli articoli 4 e 5 del DLGS 165/2001 che stabiliscono la divisione tra i poteri di indirizzo spettanti agli organi politici e quelli di amministrazione in capo ai singoli dirigenti, sostenendo la necessità che l’avvocatura degli enti fosse retta da un dirigente come garanzia dell’indipendenza dell’autonomia della stessa e dei professionisti che ne fanno parte.
La decisione del Consiglio di Stato parte dalla considerazione della normale incompatibilità della professione legale con il rapporto di subordinazione di cui la compatibilità del lavoro dipendente nell’ambito delle avvocature pubbliche rappresenta una stretta eccezione che deve trovare regole stringenti.
Il Comandante della Polizia Locale
Un analogo problema di contrapposizione tra subordinazione ed indipendenza riguarda anche nell’ambito degli enti locali la figura del Comandante il Corpo della Polizia locale.
Quivi l’articolo 7 della legge 7 marzo 1986 n.65 consente ai Comuni di istituire il Corpo di Polizia locale laddove il relativo servizio occupi almeno sette addetti ed in tal caso il servizio va disciplinato con apposito regolamento.
In tal caso, l’articolo 9 della medesima disposizione di legge stabilisce che il Comandante risponde esclusivamente al Sindaco del proprio operato ed il Corpo rappresenta un’entità organizzativa unitaria ed autonoma rispetto alle altre strutture del Comune.
Per il caso in cui invece, non si raggiunga il numero minimo di sette componenti, il Servizio di Polizia Municipale non può essere riconosciuto come corpo e può essere incardinato all’interno di altra struttura.
In quest’ultimo caso, si pone il problema di conciliare la posizione di autonomia ed indipendenza del Comandante che pur ponendosi in rapporto diretto con il Sindaco viene a dipendere anche da un responsabile di area.
Si ritiene in questo caso – ( Consiglio di Stato Sezione V , 14 maggio 2013 n.2607)che la relazione diretta con il Sindaco involga le attività principali che connotano il ruolo della polizia locale. (addestramento, disciplina, impiego tecnico-operativo).
In entrambi i casi esaminati si fa riferimento ad una specifica autonomia ed indipendenza di determinate figure professionali.
Tale previsione necessità di limitati e specifici rapporti di dipendenza atti ad evitare intermediazioni di poteri.
Nel caso dell’avvocatura civica, la garanzia è data dalla qualifica dirigenziale dell’avvocatura necessaria ad evitare l’intromissione di altre funzioni e dalla qualifica di avvocato in capo al dirigente.
Nel caso del Comandante del Corpo di Polizia Locale, l’indipendenza si concretizza dal rapporto diretto con il sindaco atto ad evitare intermediazioni di altre figure professionali.
Naturalmente ed anche di conseguenza, i responsabili di tali strutture ed i loro collaboratori più stretti o appartenenti alla medesima funzione professionale ( Avvocati – Ufficiali del Corpo di Polizia Locale) debbono rivestire apposito inquadramento nell’area dirigenziale o dei quadri.
Superminimo individuale e di passaggio di livello
La pronuncia n. 11771 del 5 maggio 2025 della Suprema Corte di Cassazione ha ad oggetto il caso di un lavoratore che otteneva il riconoscimento giudiziale del proprio superiore inquadramento ma la società datrice di lavoro assorbiva con quanto erogato a titolo di superminimo individuale le differenze connesse al riconosciuto superiore livello.
La Suprema Corte ricorda come il superminimo, ossia l’eccedenza retributiva rispetto ai minimi tabellari, individualmente pattuito tra datore di lavoro e lavoratore, è soggetto al principio dell’assorbimento, nel senso che, in caso di riconoscimento del diritto del lavoratore a superiore qualifica, l’emolumento è assorbito dai miglioramenti retributivi previsti per la qualifica superiore, a meno che le parti abbiano convenuto diversamente o la contrattazione collettiva abbia altrimenti disposto, restando a carico del lavoratore l’onere di provare la sussistenza del titolo che autorizza il mantenimento del superminimo, escludendone l’assorbimento.
L’indagine probatoria sulla sussistenza di dette pattuizioni e quella ermeneutica sulla loro effettiva portata derogatoria alla regola generale dell’assorbimento sono riservate al giudice del merito, che nel caso di specie ha ritenuto che le previsioni contenute nella lettera di conferimento del superminimo, sostanzialmente replicanti quelle presenti nella lettera di assunzione, col limitare l’assorbimento del superminimo ai soli aumenti dei minimi tabellari riferiti ad eventuali futuri aumenti degli stessi minimi, escludessero l’assorbimento retributivo discendente invece dall’aumento derivante da un superiore inquadramento professionale.
La previsione secondo cui il superminimo sarebbe assorbibile soltanto nell’eventuale futuro aumento dei minimi tabellari introdotto da disposizioni di legge o dal CCNL è da interpretarsi restrittivamente, in quanto la progressione economica dovuta al passaggio di livello non configura ipotesi di mero aumento dei minimi ma è dovuta ad una diversa dinamica salariale legata all’esercizio delle mansioni ed all’anzianità di servizio.
Pertanto, l’eventuale trattamento riconosciuto a titolo di superminimo non risulta assorbibile nella progressione economica dovuta al passaggio di livello.
avv. Alberto Tarlao
Segretario Regionale CIU Unionquadri
Friuli-Venezia Giulia
CIU Unionquadri partecipa al Convegno: Domotica, IOT e Sicurezza delle Infrastrutture
CIU Unionquadri è intervenuta al Convegno e alla presentazione del Libro “Domotica, IOT e Sicurezza delle Infrastrutture che si è tenuto lunedì 26 Maggio presso lo Spazio Europa sede della Rappresentanza Europea a Roma.
La Delegazione CIU era formata da Francesco Riva, Consigliere CNEL e da Marco Ancora, Responsabile Nazinale Cultura di CIU Unionquadri.
All’incontro hanno partecipato l’On. Mariano Angelucci, Presidente della Commissione Turismo Moda e Relazioni Internazionali di Roma Capitale, il Prof. Enzo Siviero, Rettore Università eCampus, la Prof. Barbara Marchetti, Docente Università eCampus, Fabio Pompei, Alessandro Alongi e Gabriele Scorsini, Autori del Libro.
Il Consigliere Riva ha espresso l’importanza della tecnologia IOT in merito alla prevenzione degli incidenti nei luoghi di lavoro.
Marco Ancora ha parlato dell’importanza del monitoraggio cantieristico accanto a quello infrastrutturale e delle possibilità del cantiere digitale.
Ha anche parlato dell’aspetto fondamentale, riguardo il settore dell’elaborazione dati e IOT, delle figure del DPO, del preposto e della necessità di normare competenze e figure specializzate in tali settori strategici fornendo loro anche una formazione specifica e continua.
La giornata di lavori è stata conclusa con gli interventi degli Autori del Libro, Pompei, Scorsini e Alongi.


Illegittima la geolocalizzazione dei dipendenti in smart working
Con il provvedimento del 13 marzo 2025, l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali ha sanzionato per euro 50.000 un’agenzia regionale che geolocalizzava i propri dipendenti in smart working.
Nel dettaglio, veniva effettuata una chiamata al dipendente con cui si invita lo stesso ad effettuare una doppia timbratura mediante l’applicativo dedicato, una in entrata e una in uscita, previo consenso alla geolocalizzazione. Senza il consenso alla geolocalizzazione, non era possibile la timbratura da remoto nell’ambito del lavoro agile.
In tal modo, venivano acquisite le coordinate geografiche dello smartphone o del pc del dipendente che aveva timbrato, unitamente al suo codice identificativo, alla data e all’ora della timbratura, specificando se in entrata o in uscita.
Ciò allo scopo di verificare che la posizione geografica dalla quale il personale svolgeva la propria prestazione lavorativa in modalità agile fosse corrispondente ad una di quelle indicate all’interno di ciascun accordo individuale in materia di lavoro agile.
Tuttavia, la prestazione lavorativa in modalità agile, differentemente dallo svolgimento dell’attività lavorativa presso la sede del datore di lavoro, risulta tipicamente caratterizzata da una flessibilità che, fatta salva l’eventuale operatività di fasce di reperibilità, attiene sia al luogo sia al tempo del relativo svolgimento.
Il controllo a distanza dell’attività lavorativa mediante l’utilizzo di strumentazione tecnologica da parte del datore di lavoro è consentito solo in misura meramente incidentale e preterintenzionale e dunque il trattamento dei dati finalizzato a controllare direttamente l’attività lavorativa dei singoli dipendenti evidenzia un contrasto anche con il principio di “limitazione della finalità” di cui all’art. 5, par. 1, lett. b), del GDPR (Reg. UE n. 2016/679).
L’esigenza di assicurare che la prestazione lavorativa dei dipendenti in modalità agile venisse effettivamente resa presso le sedi indicate nell’accordo di riferimento non può, infatti, giustificare ogni forma di interferenza nella vita privata.
Ancora, l’esigenza di assicurare la riservatezza e la sicurezza dei dati trattati deve essere perseguita anzitutto impartendo specifiche istruzioni ai dipendenti autorizzati, anche in considerazione delle misure tecniche e organizzative adottate in via generale per proteggere i dati, e non invece attraverso la geolocalizzazione del personale che presta la propria attività lavorativa in modalità agile.
Il trattamento effettuato, dando luogo ad una raccolta di dati non limitati né pertinenti rispetto alla finalità di gestione del rapporto di lavoro in modalità agile, si poneva altresì in contrasto con il principio di “minimizzazione dei dati” e dunque in violazione dell’art. 5, par. 1, lett. c), del GDPR.
avv. Alberto Tarlao
Segretario Regionale CIU Unionquadri
Friuli-Venezia Giulia