Sicurezza, responsabilità e nuove sfide digitali: il ruolo strategico dei quadri

Nel nuovo numero della nostra newsletter ospitiamo un’intervista con l’avvocato Vito Tirrito, esperto di diritto del lavoro e modelli organizzativi, con una lunga esperienza nel campo della sicurezza sul lavoro. Abbiamo parlato con lui delle principali criticità nei modelli di prevenzione, del ruolo dei quadri nella cultura della sicurezza e dell’impatto delle trasformazioni digitali.

Quali sono, secondo lei, le principali criticità nei modelli di prevenzione e sicurezza, soprattutto nelle aziende ad alta complessità tecnica o manageriale?

Il primo aspetto fondamentale è l’effettività dei ruoli. In ambito giuridico – dalle sentenze penali a quelle civili – si cerca sempre di comprendere chi abbia realmente la capacità di determinare o evitare un evento. Oggi si parla molto del modello organizzativo 231, che le imprese adottano per creare un sistema di prevenzione e, in parte, di tutela del datore di lavoro. Ma attenzione: se mal strutturato, questo modello può diventare una fonte di criticità.

Infatti, la 231 redistribuisce responsabilità verso i livelli intermedi: dirigenti, preposti, operatori. E spesso la contrattazione collettiva è carente su questi aspetti. Ci si concentra sugli elementi economici, trascurando il livello di responsabilità legato alla sicurezza. È ora di affrontare questi nodi già in sede contrattuale, riconoscendo che le aziende si muovono in una realtà sempre più complessa, dove la responsabilità è diffusa e serve chiarezza nei ruoli e nei poteri decisionali.

Quale ruolo possono e devono avere i quadri nella costruzione di una vera cultura della prevenzione?

I quadri devono essere sentinelle attive. Uno dei rischi principali è l’assuefazione: frequentare ogni giorno lo stesso ambiente porta a non vedere più i piccoli segnali di rischio. La sfida è mantenere la lucidità, aggiornarsi, analizzare i dati sugli infortuni e tradurli in azioni formative e informative.

I quadri devono fungere da ponte tra dirigenza e maestranze, soprattutto nei momenti di passaggio generazionale. Sono loro a garantire continuità, stabilità e cultura della sicurezza. Più le aziende sono complesse, più è importante il ruolo dei quadri come facilitatori del cambiamento e custodi della prevenzione quotidiana.

Oggi la sicurezza non è più solo fisica, ma anche digitale. Come si stanno organizzando le aziende per affrontare questa nuova criticità?

Mi piace usare una metafora: siamo passati dall’aratro al trattore, e ora al trattore guidato dall’intelligenza artificiale. All’inizio il rischio era quotidiano e fisico; poi meno frequente, ma più grave. Oggi, con il digitale, il rischio è sistemico.

L’eccessiva dipendenza dai sistemi digitali comporta incertezze profonde: se qualcosa sfugge al controllo, le conseguenze possono essere seriali e difficili da contenere. Inoltre, c’è il tema dello stress da iperconnessione e della gestione dei dati sensibili in ambienti sempre più automatizzati.

Le grandi aziende riescono spesso a dotarsi di strumenti avanzati ma le piccole e medie imprese rischiano di fare “mezzi passi” che aumentano l’esposizione ai rischi.

Il messaggio è chiaro: non basta introdurre il digitale, bisogna governarlo con consapevolezza e responsabilità.