Respirare bene per lavorare meglio: perché la qualità dell’aria indoor è una sfida urgente per le aziende
L’emergenza sanitaria degli ultimi anni ha reso ancora una volta evidente quanto gli ambienti chiusi in cui viviamo e lavoriamo incidano sulla nostra salute e come questo rapporto sia influenzato proprio dalla qualità dell’aria indoor. Ma se l’attenzione pubblica si concentra spesso sull’aria esterna, quella che respiriamo ogni giorno negli spazi chiusi – uffici, banche, poste, scuole, luoghi pubblici, centri commerciali, mezzi di trasporto– resta spesso sottovalutata come fonte di esposizione agli inquinanti. Eppure, è proprio lì che trascorriamo gran parte del nostro tempo. La qualità dell’aria indoor è oggi tra le più importanti questioni di salute pubblica, di produttività e persino di competitività, innovazione e sostenibilità.
Ne abbiamo parlato con Gaetano Settimo, coordinatore del Gruppo di Studio Nazionale Inquinamento Indoor dell’Istituto Superiore di Sanità, per fare il punto sulla situazione in Italia, sugli sviluppi a livello europeo e sul ruolo più forte che i quadri possono avere nel promuovere e rafforzare una nuova cultura della salubrità aziendale che rimetta al centro in modo significativo la qualità dell’aria indoor e valorizzazione la salute.
Perché oggi è importante parlare di qualità dell’aria indoor?
Oggi si stima che trascorriamo oltre il 90% del nostro tempo in ambienti chiusi: case, uffici, banche, poste, scuole, strutture sanitarie, centri commerciali, spazi pubblici, trasporti, luoghi di svago. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ricorda che sono proprio questi i luoghi che definiscono la nostra salute. Gli ambienti indoor, infatti, possono ospitare numerose sorgenti di inquinamento: materiali da costruzione, arredi, finitura, prodotti per la pulizia, deodoranti per ambienti, o l’alta densità di persone. Gli inquinanti non sono solo chimici, ma anche biologici e fisici, e impattano sulla salute cardiovascolare, neurologica, respiratoria e oncologica. Parliamo quindi di un’emergenza silenziosa, che va affrontata con piani d’azione mirati, anche nei contesti aziendali.
Cosa si sta facendo a livello europeo?
L’Europa sta costruendo una strategia sempre più solida ed integrata sulla qualità dell’aria indoor, a partire dalla definizione di una governance istituzionale comune e da un rafforzamento di un pacchetto di misure sui criteri su materiali e prodotti immessi sul mercato. Il regolamento UE 305/2011, ad esempio, è stato aggiornato recentemente per garantire che i prodotti da costruzione immessi sul mercato rispettino tra i requisiti il contenimento delle emissioni di sostanze inquinanti da parte dei materiali da costruzione lungo tutto il loro ciclo di vita. Si lavora anche per integrare i principi dell’economia circolare e valutare la salubrità dei materiali riciclati.
Tuttavia, la vera forza propulsiva arriva dai grandi Paesi con una politica industriale avanzata, come Francia, e Germania, che hanno già elaborato normative e piani nazionali ambiziosi e influenzano le linee guida europee. In sostanza, l’Europa sta cercando di sintetizzare tutte queste esperienze in una posizione comune, che è di fatto una convergenza tra le visioni di Francia e Germania, i due motori principali delle politiche sulla qualità dell’aria indoor europee. L’obiettivo finale, anche in linea con il Green Deal, è costruire edifici non solo più efficienti energeticamente ma soprattutto più salubri, con benefici diretti per la salute delle persone.
Come è messo su questo tema il nostro Paese?
In Italia la spinta viene in larga parte dalla ricerca. Ad esempio, il nostro Gruppo di Studio Nazionale Inquinamento Indoor dell’ISS ha lavorato per colmare lacune culturali e normative (grazie ai nostri documenti è stata pubblicata la norma UNI 11976), cercando di mettere la qualità dell’aria indoor al centro delle valutazioni su edifici e ambienti di lavoro e garantire la elaborazione di piani di prevenzione primaria. Alcuni segnali positivi ci sono: il Decreto Legislativo del luglio 2022 ha introdotto la qualità dell’aria indoor come tema prioritario per le scuole facendo riferimento al Rapporto ISTISAN 20/3. Inoltre, nel recepimento della nuova direttiva europea sulla qualità dell’aria outdoor, con il Ministero dell’Ambiente è stato previsto di lavorare per arrivare ad approccio integrato tra indoor e outdoor. Ma serve più sistematicità.
Quale ruolo possono giocare i quadri per creare maggiore sensibilità sul tema in azienda?
I quadri sono figure chiave: rappresentano l’interfaccia tra lavoratori e management. Possono influenzare processi, promuovere la formazione, fare le domande giuste per provare ad anticipare i rischi facendo riferimento a valori come salute, educazione ed occupazione. La pandemia ha accelerato la consapevolezza sull’importanza della qualità dell’aria: molte aziende hanno iniziato a investire in ambienti salubri. I quadri possono contribuire a consolidare questo percorso, fungendo da perni centrali per l’attuazione di nuove politiche aziendali e strumenti di valutazione del rischio, che vadano oltre l’adempimento formale e puntino a una reale tutela del benessere dei lavoratori.
Il futuro?
Il futuro è già iniziato. L’esperienza della pandemia ha mostrato chiaramente che la relazione tra salute e ambienti costruiti è cruciale. Le sfide climatiche – caldo estremo, ondate di freddo – renderanno gli ambienti indoor sempre più centrali. Dovranno essere progettati e gestiti per garantire comfort e sicurezza, ma soprattutto la salute del le persone. Non è solo un tema sanitario: è un’opportunità per innovare, migliorare la produttività, la competitività, l’innovazione e rendere le organizzazioni più preparate e resilienti alle nuove sfide. La qualità dell’aria indoor è ormai presente in quasi tutti i 17 obiettivi dell’Agenda 2030: non è più un dettaglio tecnico, ma una leva dello sviluppo sostenibile.