Le declaratorie contrattuali dei Quadri nel CCNL Lavoratori dei Porti (“Quadri delle Autorità portuali”),quella sottile linea rossa che le distingue dal “Primo livello” impiegatizio 

Con il presente contributo ho inteso affrontare per Unionquadri un tema che considero di grande attualità e ricorrenza, quello della domanda giudiziale di superiore inquadramento ed in particolare quello che – a volte – appare come una sottile linea rossa che delimita il perimetro tra la declaratoria contrattuale dei Quadri (art. 4.2) e la declaratoria contrattuale gerarchicamente sottostante, ovvero quella del primo livello (art. 4), così denominati nel CCNL Lavoratori dei Porti.

Ho preso spunto da una recente sentenza, che conosco bene per avere patrocinato nel relativo giudizio in difesa dell’appellata Autorità portuale. Si tratta della sentenza n. 1739 del 9 maggio 2025 della Corte di Appello di Roma, sezione lavoro.

Considerata la sede che ospita l’articolo, dopo l’esame processuale della sentenza, ritengo utile anticipare anche alcune implicazioni connesse alle citate declaratorie contrattuali, con ampia riserva di sviluppare nel prossimo futuro in modo più approfondito detto ultimo interessante profilo.   

La sentenza oggi in commento riguarda la domanda di un dipendente di “primo livello” dell’Autorità portuale X al superiore inquadramento di Quadro (livello Quadro A, o in subordine, livello Quadro B) come declinato dal CCNL Lavoratori dei Porti (art. 4 e ss).

In generale, va ricordato che un giudizio di superiore inquadramento (in particolare da primo livello a quadro) è un giudizio particolarmente gravoso perché impone al ricorrente, al fine dell’accoglimento della domanda, il rispetto di regole processuali e sostanziali molto rigide che spesso non superano il vaglio del Giudice, come si è verificato nella fattispecie in esame.

A fronte di ciò, d’altra parte, a monte, gioca un ruolo rilevante l’impostazione originaria che lo stesso CCNL di riferimento prevede nel declinare le declaratorie dei “Quadri” rispetto a quelle – per certi aspetti, molto simili- del “primo livello” direttamente sottostante nella piramide contrattuale.  

Il giudizio di primo grado

Preliminarmente, esaminiamo in sintesi i passaggi salienti che hanno portato il Giudice di secondo grado a respingere il ricorso del dipendente: con ricorso al Tribunale di competenza in funzione di giudice del lavoro, depositato in data ***, il Sig. X , dipendente di Autorità di sistema  portuale Y esponeva di lavorare alle dipendenze dell’Autorità di sistema portuale Y a far data dal ***., con inquadramento nel 1° livello del CCNL Porti e di aver svolto dal *** le superiori mansioni di Quadro, chiedendo l’accertamento del diritto ad essere inquadrato, in relazione alle mansioni svolte dal ***, nella categoria Quadro A o, in subordine, nella categoria Quadro B e la condanna dell’Autorità convenuta al pagamento delle conseguenti differenze retributive, da quantificarsi in separata sede. In subordine, ritenuta la riconducibilità delle mansioni espletate al livello Quadro A ovvero Quadro B, chiedeva la condanna di Autorità di sistema portuale Y al pagamento della retribuzione spettante per la categoria Quadro A o, in subordine, per la categoria Quadro B per il periodo di svolgimento delle mansioni superiori ovvero, in via ulteriormente gradata, anche ai sensi dell’art. 2041 c.c., al pagamento di una somma parametrata a quella dovuta per effetto dello svolgimento di dette mansioni da determinarsi anche in via equitativa.

Si costituiva l’Autorità di sistema portuale Y, eccependo preliminarmente il totale difetto di allegazione da parte del ricorrente, oltre e prima ancora del mancato assolvimento dell’onere probatorio, nonché il mancato rispetto del procedimento logico giuridico di raffronto tra l’attività effettivamente svolta dal ricorrente e le mansioni di quadro oggetto del CCNL, procedimento essenziale per fondare simile domanda giudiziale. 

In particolare, Tribunale – quindi il Giudice a quo – respingeva il ricorso.

Infatti, dal raffronto delle declaratorie contrattuali di riferimento, il Tribunale ha evinto un diverso grado di autonomia, professionalità e responsabilità che contraddistingue i Quadri rispetto ai lavoratori di I livello, imputando al ricorrente una scarsa allegazione circa appunto il grado di autonomia rivestito e la correlata assunzione di responsabilità. Ne ha fatto derivare dunque la inidoneità delle allegazioni istruttorie a dimostrare la riconducibilità delle mansioni espletate al superiore profilo rivendicato.

Il “giudizio di inquadramento mansionariale” secondo il Giudice a quo

In particolare, decisivo il passaggio del Tribunale in base al quale:“… il giudizio d’inquadramento mansionariale è il frutto di una valutazione di completa sovrapponibilità della prestazione lavorativa, resa in concreto, sulla previsione collettiva di riferimento, non può non essere censurato che nel ricorso introduttivo del giudizio non sono state neppure puntualmente descritte le concrete dinamiche relazionali intercorrenti tra il ricorrente ed i superiori gerarchici, con le inevitabili implicazioni in punto di prova del fatto costitutivo della domanda e con le inevitabili conseguenze ex art. 2697 cc”. Passaggio molto chiaro direi per comprendere il ragionamento del Giudice a quo.

La sentenza di appello

Andiamo alla sentenza di appello: avverso tale sentenza ha proposto tempestivo appello il Sig X formulando quattro motivi di censura: con il primo motivo egli deduceva l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha censurato il difetto di allegazione circa l’espletamento di mansioni riconducibili al livello di Quadro. L’appellante con il secondo motivo si doleva della mancata ammissione dei mezzi istruttori che avrebbero a suo dire permesso di dimostrare il tipo di attività effettivamente assegnate al Sig. X e per l’effetto comprovato il suo rivendicato diritto al superiore inquadramento.

Inoltre, con il terzo motivo, egli deduceva l’omessa valutazione della documentazione in atti rispetto ai vari profili caratterizzanti il suo ruolo di Quadro.

Da ultimo, con il quarto motivo, l’Appellante si lamentava per il rigetto della domanda di adeguamento retributivo, sull’assunto che egli avrebbe avuto diritto a percepire la retribuzione relativa all’attività svolta nel periodo in cui è stato adibito alle – asserite – mansioni superiori. Riteneva altresì che, comunque, avesse maturato il diritto al trattamento retributivo relativo alle attività lavorative come cristallizzate dall’ Accordo di II° Livello (da lui allegato), e quindi con riferimento alle c.d. “indennità lavoro portuale”; indennità strettamente connesse al contesto lavorativo.

L’Appellante quindi chiedeva la riforma della sentenza impugnata nei termini di cui sopra. 

Si è costituita in giudizio l’Autorità di sistema portuale Y, da me assistita, eccependo l’inammissibilità del gravame l’infondatezza nel merito dei motivi di appello. In subordine, ha reiterato l’eccezione di prescrizione. Quindi ha ribadito l’infondatezza della domanda di riconoscimento di “indennità di lavoro portuale” in quanto tale indennità viene corrisposta ai soli dipendenti incardinati nell’Ufficio lavoro portuale – e non ai dipendenti dell’Ufficio sicurezza sul lavoro, cui il Sig. X appartiene – sul solo presupposto del notevole numero di ore di straordinario (che l’accordo sindacale del 10.12.2008 fissa in 75-80 ore di straordinario al mese). Ha concluso chiedendo di dichiarare l’appello inammissibile ovvero rigettarlo nel merito.

Sostanzialmente riproponendo l’appellata gli argomenti difensivi di primo grado, come descritti sopra, come da sua originaria memoria: in effetti stante la impossibilità per l’Appellante di mutare le ragioni della domanda, nulla poteva mutare per l’appellata rispetto ai vizi radicali che affliggevano il ricorso originario. 

I motivi del rigetto

Il Giudice di secondo grado ha ricordato innanzitutto la necessità, per fondare simile domanda, di passare attraverso il procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento del lavoratore dipendente che coinvolge tre fasi successive: l’accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, l’individuazione delle qualifiche e dei gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e dal raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda.

Spetta al Giudicante accertare “la natura delle mansioni concretamente svolte dal dipendente, ai fini dell’inquadramento del medesimo in una determinata categoria di lavoratori (Cass. L, Sentenza n. 26234 del 30/10/2008). Per chi invoca lo svolgimento di mansioni superiori non è sufficiente allegare i compiti svolti e le relative disposizioni contrattuali, perché occorre pur sempre esplicitare, e poi rendere evidente sul piano probatorio, la gradazione e l’intensità dell’attività corrispondente al modello contrattuale invocato, rispetto a quello attribuito, trattandosi, in tema di mansioni, di livelli di valore inclusi in un particolare sistema professionale contrattuale a carattere piramidale (cfr., per tutte, Cass. 21.5.2003, n. 8025).

Dunque: “..il lavoratore che agisca in giudizio per ottenere l’inquadramento in una qualifica superiore ha l’onere di allegare (e poi di provare) gli elementi posti a base della domanda e, in particolare, è tenuto ad indicare esplicitamente quali siano i profili caratterizzanti le mansioni di detta qualifica, raffrontandoli altresì espressamente e con precisione con quelli concernenti le mansioni che egli deduce di avere concretamente svolto.”

Queste in sintesi le motivazioni molto chiare del rigetto della domanda.

Quali sono allora gli elementi fondamentali su cui soffermarsi?

La Corte ci ricorda pertanto come sia essenziale, in un giudizio per il riconoscimento di mansioni superiori, soffermarsi su alcuni elementi fondamentali:

“…la gradazione e l’intensità (per responsabilità, autonomia, complessità, coordinamento, ecc.) dell’attività corrispondente al modello contrattuale invocato, rispetto a quello attribuito trattandosi, in tema di mansioni, di livelli di valore inclusi in un particolare sistema professionale contrattuale a carattere piramidale.”

Inoltre la pienezza dell’assegnazione alle mansioni più elevate, con “assunzione di responsabilità diretta e l’esercizio dell’autonomia e della iniziativa proprie della corrispondente qualifica riven- dicata (Cass. Sentenza n. 16200 del 10/07/2009).”

La Corte pertanto condivide e conferma le argomentazioni del Tribunale il quale correttamente aveva riportato per intero in sentenza la declaratoria di Quadro e quella di I livello evidenziandone le differenze.  Argomentazione, vale la pena ricordare, anticipate dalle difese dell’Autorità portuale appellata.

Interessante la precisazione della Corte di come l’Autorità Portuale Y, con la sua originaria memoria difensiva, non abbia contestato l’espletamento delle mansioni dedotte dal dipendente, bensì la riconducibilità delle stesse al superiore inquadramento rivendicato. Da ciò l’irrilevanza ai fini della decisione dell’ammissione dei mezzi istruttori su cui invece l’Appellante insisteva.                                                                                                                                                                                      Ma soprattutto il Giudice di appello rileva che  non è dato rinvenire, dall’elencazione delle mansioni contenuta nelle difese di primo grado, l’ampiezza dei poteri decisionali esercitati dal Sig. X, né è stato possibile evincere se lo stesso operasse in autonomia, in mancanza di linee di indirizzo,  oppure in forza di indirizzi di carattere generale -elementi che connotano il profilo di Quadro-,  oppure se, come invece previsto per il primo livello, egli abbia svolto gli incarichi con autonomia e poteri decisionali da esercitarsi nell’ambito delle direttive generali impartitegli dai superiori.

In conclusione

Da un punto di vista processuale:

per ritenersi fondata una domanda di superiore inquadramento, sono fondamentali specifiche e puntuali allegazioni sul grado di autonomia di cui godeva il dipendente nell’espletamento del suo incarico.

Né, d’altra parte, il livello di responsabilità e autonomia possono considerarsi enucleabili dalla documentazione allegata all’originario ricorso introduttivo: detta produzione infatti deve essere accompagnata dalle ragioni specifiche della stessa, occorrendo altresì sottolinearne il contenuto e la rilevanza. 

Da altro punto di vista, sotto l’aspetto della impostazione delle declaratorie contrattuali, tutta la descrizione che precede fornisce spunti molto utili per anticipare delle brevissimi e preliminari osservazioni, che, per motivi di spazio disponibile, dovranno meglio essere sviluppate in seguito:

Dall’esame delle due declaratorie contrattuali, quella di “Quadro A” e Quadro B rispetto a quella di “primo livello” (che, per chi non le conosce,  invito a leggere), in particolare dal raffronto tra le stesse, emerge come non appaia subito agevole per l’operatore del diritto (sia avvocato, giudice o altro) fissare un confine assolutamente certo tra i poteri e le attività che formano oggetto dei due diversi inquadramenti contrattuali.

Effettivamente, in particolare per noi avvocati difensori, ma credo di poter dire che lo stesso valga per i Giudici, a volte si è costretti a giocare sulle sfumature lessicali che contraddistinguono appunto le due declaratorie contrattuali.

Non vi è dubbio che il baricentro sia costituito dal grado di autonomia decisionale, e per dirla con la Corte dalla: “.. gradazione e l’intensità (per responsabilità, autonomia, complessità, coordinamento, ecc.) dell’attività corrispondente al modello contrattuale invocato, rispetto a quello attribuito trattandosi, in tema di mansioni, di livelli di valore inclusi in un particolare sistema professionale contrattuale a carattere piramidale.” Ma detto grado di autonomia, proprio per la costruzione lessicale delle declaratorie, trova un suo limite proprio nella sua necessaria traduzione processuale ovvero essa non è sempre di agevole “dimostrazione” nel momento in cui ci si trova davanti ad una pretesa giudiziale.   

Nello specifico, ciò che fa la differenza tra le attività dei due profili contrattuali è, per dirla con la Corte di appello, la pienezza dell’assegnazione alle mansioni più elevate, con “assunzione di responsabilità diretta e l’esercizio dell’autonomia e della iniziativa proprie della corrispondente qualifica rivendicata (Cass. Sentenza n. 16200 del 10/07/2009).”

Ma allora, se la giurisprudenza fornisce, oramai da tempo, questo messaggio più o meno esplicito, forse, a monte appunto, in sede di contrattazione sindacale-datoriale, e quindi di redazione del CCNL, si possono trarre spunti interessanti proprio da detti messaggi giurisprudenziali per lavorare su un miglior affinamento dei perimetri delle citate declaratorie contrattuali.

In effetti, detta questione riguarda in generale tutte declaratorie contrattuali, con riferimento al quadro, verso il basso (quadro-primo livello), ma anche verso l’alto (quadro-dirigente), che si delineano all’insegna della famosa dimensione del grado delle rispettive autonomie e responsabilità.

Poiché questo secondo aspetto, oggetto dell’odierno esame, è evidentemente molto interessante, ma necessita anche di un adeguato approfondimento, mi riservo di svilupparlo in prossimo futuro.

Andrea Musti, Senior Associate presso Studio Ichino Brugnatelli e Associati, CNEL Componente Consulta lavoro autonomo e Professioni.