Smart working PA , solo il 33,3% delle amministrazioni statali presenta i piani. Brunetta convoca la commissione tecnica.

I Pola, i piani organizzativi per il lavoro agile, andavano presentati entro il 31 gennaio per le organizzazioni centrali. Avrebbero dovuto prevedere una quota del 60% di lavoro da remoto.

ROMA – Smart working in affanno nella Pubblica Amministrazione: solo un terzo delle amministrazioni statali ha presentato entro la scadenza del 31 gennaio i Pola, i piani organizzativi del lavoro agile. La legge dispone che attraverso i Pola i dirigenti debbano organizzare il lavoro per obiettivi, facendo in modo che almeno il 60 per cento del personale che può farlo lavori in modalità agile. In assenza dei Pola, c’è comunque l’obbligo dello smart working per il 30% del personale, ma viene meno il principio organizzativo per obiettivi: un passo in avanti importante per la Pubblica Amministrazione, anche in vista della gestione del Recovery Fund. E infatti il ministro Renato Brunetta non intende rinunciarci, e ha convocato per la prossima settimana, il 3 marzo alle 11, la Commissione Tecnica dell’Osservatorio nazionale del lavoro agile, prevista dal Decreto Rilancio e coordinata dal presidente dell’Aran Antonio Naddeo.

“Lo smart working è stato certamente fondamentale durante la fase acuta della pandemia e ha segnato un cambiamento culturale da cui bisogna trarre tutte le conseguenti analisi. – afferma Brunetta – Ora occorre ricondurlo ad essere uno degli strumenti di organizzazione del lavoro delle singole amministrazioni, strettamente connesso al livello di qualità dei servizi da fornire a cittadini e imprese. Sarà un punto all’ordine del giorno della nuova contrattazione, per quanto riguarda la regolazione. Un tema su cui le parti sociali pubbliche e private sono chiamate a riflettere. Il fenomeno va studiato a fondo e servono grandissimi investimenti dal punto di vista progettuale, di relazioni sindacali, regolativi, infrastrutturali e di intelligenza sociale anche alla luce della sfida della transizione digitale che l’Europa ci chiama a raccogliere”.

Sicuramente il fatto che però solo il 33,3% delle amministrazioni abbiano risposto all’appello (per i Comuni invece c’è più tempo, fino al 31 marzo) denuncia una difficoltà da parte di chi dovrebbe provvedere a una riorganizzazione degli uffici: “Per prima cosa bisognerà cercare di capire quali sono le difficoltà che si sono presentate. – dice Naddeo – Noi abbiamo l’idea che tutte le amministrazioni debbano organizzarsi con il lavoro agile, ma magari sono necessari aggiustamenti alle norme, da fare in maniera condivisa. Forse è una tematica che va trattata in modo più tranquillo, anche tenendo conto del fatto che comunque fino al 30 aprile vale lo smart working emergenziale”.

Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano e componente dell’Osservatorio nazionale sul lavoro agile presso la Presidenza del Consiglio, ridimensiona l’allarme: “Le linee guida sono state pubblicate solo a metà dicembre, era prevedibile che molte amministrazioni non avrebbero fatto in tempo a presentare i Pola. E comunque sarebbe stato più opportuno sincronizzare il termine di presentazione dei Pola con la fine dello smart working di emergenza, il 30 aprile. Detto questo, si tratta di piani di respiro pluriennale, che costuiscono una grande opportunità per la Pubblica amministrazione”.

Gli stessi ministeri si sono trovati in difficoltà: su 14, solo 5 hanno presentato i piani per il lavoro agile. Inail e Inps non li hanno presentanti, tra le Università lo hanno fatto in 26 su 67, tra gli organi di rilevanza costituzionale nessuno, tra gli enti di ricerca vigilati uno su 14. “I Pola – osserva Marco Carlomagno, segretario generale della Flp – non sono semplicemente un concreto contributo alla conciliazione vita lavoro, con  l’applicazione del lavoro agile e la sua maggiore diffusione, ma rappresentano un cambio di paradigma dei modelli organizzativi, dei processi e delle modalità lavorative e procedurali, del rapporto con i cittadini e le imprese, dell’orientamento al risultato e non al mero adempimento, della valorizzazione del personale”.

Un’occasione da non perdere, dunque. Ma le difficoltà non vanno sottovalutate, e sono strettamente legate alla carenze attuali dei servizi digitali della Pubblica Amministrazione: dal Report Emea, presentato ieri da Forum Pa, emerge come i principali ostacoli alla digitalizzazione siano i “processi legacy” (cioè le difficoltà a supportare e trasmettere i dati delle attuali strutture informatiche) e la mancanza di agilità, ma anche la mancanza di competenze ed esperienze nell’ambito del digitale, oltre alla latitanza degli investimenti in infrastrutture tecnologiche. Le attuali infrastrutture dati frenano la trasformazione digitale per il 78% degli intervistati.